mercoledì 8 settembre 2010

Paul e Sakineh due vite a costo zero


19 marzo 2010:

Paul Warner Powell, trentunenne bianco, è stato giustiziato sulla sedia elettrica del carcere di Greensville, in Virginia (USA). Era stato condannato a morte per l’omicidio, commesso nel 1999, di una ragazza di 16 anni, Stacie Reed.

Il condannato è stato giustiziato dopo che il governatore della Virginia Bob McDonnell ha rifiutato la grazia e che la Corte Suprema degli Stati Uniti non ha acconsentito a fermare l’esecuzione.

Si tratta della prima esecuzione dell’anno in Virginia e della numero 106 nello Stato dal 1976, anno in cui è stata riammessa la pena di morte negli Stati Uniti. Quella di Powell è l’11esima esecuzione dell’anno negli Stati Uniti. (Fonti: Afp, 19/03/2010).

All’evento l’opinione pubblica sembra essere assente, i media come struzzi nascondono la testa sotto terra!


08 Settembre 2010:

Sakineh Mohammadi Ashtiani

Condannata alla lapidazione per un’accusa di adulterio e omicidio da parte della Giustizia Iraniana. E’ in attesa di conoscere il giorno della sua annunciata fine.

Il mondo intero, sollecitato dai media, si sta muovendo per condurre il Governo di Teheran ad assumere posizioni diverse dalla condanna a morte, agitando in tal modo l’intero mondo arabo oltre che l’irreprensibile società occidentale!

Due situazioni apparentemente simili, due esseri umani condotti verso ’la pena di morte’ nello stesso anno 2010, due reazioni dell’opinione pubblica e del mondo dell’informazione completamente opposti.

Per uno si materializza la condanna, per l’altra si sta cercando la sospensione della pena.

Alla prima situazione come per un imposizione dall’alto non ci sono state né reazioni né diffusione allargata della notizia da parte dei media nazionali ed internazionali.

Alla seconda situazione come per magia si è infervorato il mondo che per affezione disinteressata (?) porta alla ribalta delle cronache una vicenda che assumerà in breve tempo un carattere politico internazionale!

Vi chiedo allora quali possono essere i motivi per cui questi due accadimenti trovano un riscontro d’opinione così differente pur essendo accomunati da molti caratteri comuni?

Forse il valore della vita ha un peso diverso in stati come gli USA e in Iran?

Quanto conta la pressione dei media in queste vicende nell’amplificare situazioni che all’origine hanno uno stesso valore legato ai diritti umani?

Dite la vostra.


Di Paolo Praolini pubblicato su Agoravox Italia l'08/09/10.

lunedì 6 settembre 2010

A Mirabello la svolta impressa da Fini.


Un discorso ineccepibile quello di Fini che ha definitivamente consacrato la fine del PDL al di là di commenti e coperture dei colonnelli e dei portavoce del Premier.



Ieri è stato un momento importante che serviva a far chiarezza politica per una larghissima schiera di italiani disorientati dai tiri incrociati che negli ultimi mesi si sono scambiati all’interno della maggioranza.

Un aspetto però è davvero sconcertante, che un discorso di tal profondità e tono di discredito al Governo me lo sarei aspettato da un Bersani o da un leader dell’opposizione di governo, ma non da un elemento importante della maggioranza.

Questo indirizzo esternato dalle parole di Fini non consentirà dalla parte degli accusati (PDL) un accettazione incondizionata di una tregua, che sembrerebbe nascondersi in qualche angolo del discorso, tregua necessaria dopo lo scontro politico in atto, che dia seguito ad una continuità nell’attività parlamentare tra Lega, PDL e Futuro e Libertà.

I prossimi passi di FeL, per mantenere fede alle premesse e promesse del discorso di Fini, dovrebbero da oggi confermare l’avvio della fondazione di un nuovo partito che ieri 05/09 si è ufficialmente accampato nella destra italiana.

Poi si dovrebbe dare atto ufficialmente nelle due sedi parlamentari (camera e senato) della separazione di FeL da quell’agglomerato di maggioranza a cui oggi sono state contestate tante o troppe certezze che il Pdl e la Lega sbandieravano come consolidate (scuola, riforme, politica estera , etc).

A questo punto un percorso congiunto di FeL con la maggioranza dopo questo discorso sarebbe fuori luogo e tanto meno auspicabile per tutti coloro che hanno seguito l’area finiana fino a Mirabello.

Cosa ci aspettiamo dunque oggi in Parlamento? Quali saranno i prossimi passi del Premier, dopo esser stato messo all’angolo da Fini?

E’ certo comunque che qualsiasi mossa venga ora intrapresa dal centro destra ed i risvolti che ne derivassero, sarebbero comunque addebitabili e di conscia responsabilità di colui che il 29 Luglio scorso ha espulso dal PDL quella parte importante del partito legata nel bene e nel male al presidente Fini.

Nessuno a destra o a sinistra può farsi illusioni, ma da oggi e per tutta la settimana sono previste sul palco della politica tante ed infuocate rappresentazioni, rimanete sintonizzati.

Di Paolo Praolini pubblicato su Agoravox il 06/09/10

lunedì 26 luglio 2010

Napolitano: un richiamo alla moralità perduta


Finalmente anche il Presidente della Repubblica Napolitano, la più alta figura istituzionale del paese, esterna la sua preoccupazione per lo stato di agonia che sta assumendo la politica ed il suo contorno istituzionale negli ultimi tempi, a partire dalle dimissioni di ministri e sottosegretari di governo, dopo gli scandali di corruzione legati ai grandi appalti che coinvolgono personaggi della politica, con la paralisi del parlamento esautorato dal continuo ricorso alla fiducia nella disputa parlamentare, analizzando la mancata assunzione di responsabilità del Premier che in tre mesi non è riuscito a nominare il sostituto del ministro Scajola al dicastero dello Sviluppo economico, e dopo altri fatti recenti non passati inosservati dal Colle.



Una voce autorevole seppur con toni pacati e determinati arriva pesantemente come un cazzotto in pancia a tutta quella parte della politica e dell’opinione pubblica che fino ad oggi ancora chiudeva un occhio sulle distonie che la classe politica di Governo continua a proporci come sostenibili, innovative e necessarie.

Da troppo tempo parte della classe politica, vuole farci credere che questo stato delle cose, sia uno stato con cui convivere, la corruzione seppur evidente lasciamola stare nel dimenticatoio è più importante far vedere che ’lavoriamo per il paese’, siamo ’il governo del fare’ e non delle chiacchiere, lasciateci lavorare.

Vogliono farci credere ancora che ’i singoli avvenimenti legati al malaffare’ non sono diffusi nel paese ma si tratta di singoli episodi.

Le dimissioni di un ministro a cui personaggi corruttori hanno regalato una casa, vengono rapidamente archiviati negli androni della politica senza alcuna reazione di condanna, si è fatto passare in silenzio un evento scandalosamente inaccettabile all’interno di uno schieramento politico che conduce le sorti di un paese.

Di fronte ad avvenimenti di tale portata, parte dei rappresentanti politici di maggioranza invece che prendere ufficialmente le distanze si sono esposti affrancando l’ex ministro da un reato ancora non confermato da organi di giustizia, ma tangibile ed ormai conosciuto all’opinione pubblica.

Come riporta il nostro Presidente della Repubblica, il paese dovrebbe avere gli anticorpi per espellere ed eliminare l’insorgenza di atti corruttivi e lontani da un comportamento morale integerrimo.

Purtroppo però in questo paese la politica continua a volerci assuefare ai comportamenti che si scontrano con l’etica e con la morale, tutto è giustificato dal fine di raggiungere a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo gli obiettivi prefissati a volte anche obiettivi personali, corruzione compresa?

Vedasi il caso Brancher, passato per voce di troppi ministri e politici come un errore degli avvocati del Ministro, ma che in realtà ha mostrato all’intero paese l’ennesimo atto di sfregio verso lo Stato e la Costituzione in cui si è cercato di aggirare le responsabilità di un cittadino nei confronti della Giustizia, sfruttando la nomina presso un Ministero ’fantasma’.

L’assuefazione di questa nazione a fatti di depredazione dello stato democratico è altissima, la frequenza elevata con cui si continuano a ledere gli interessi dell’intera comunità calpestando ciascun cittadino, ci sta portando ad abbassare l’attenzione sul degrado etico e morale del paese.

Da molto tempo non si assisteva a continuative azioni di attacco alla Costituzione che per voce di alcuni leader ne connotavano l’inadeguatezza, soprattutto in quegli articoli che danneggiano l’interesse di pochi.

Eppure se questo paese per tanti anni ha mantenuto saldo lo stato democratico, dobbiamo certamente ringraziare la nostra Costituzione ed i suoi Presidenti che con livelli di autorità più o meno forte hanno condotto il paese dal dopoguerra nel benessere degli anni ’80, fuori dagli anni bui del terrorismo, ma dovranno continuare a farlo sempre tenendo alta l’attenzione sul rispetto del cittadino e delle istituzioni, che nessuno ha il diritto di calpestare.

Scritto da Paolo Praolini

venerdì 9 luglio 2010

DDL intercettazioni: il cammino del non ritorno.


Questo disegno di legge molto probabilmente passerà e diventerà legge a tutti gli effetti entro l’estate!

Dobbiamo prenderne coscienza, al di là della illusione di possibili ripensamenti o ravvedimenti della maggioranza politica di Governo.

Tutti sappiamo e conosciamo le motivazioni che rendono questo provvedimento una restrizione del diritto di un cittadino ad essere informato.

Conosciamo quanto peserà questa legge sulla limitazione ad eseguire indagini ed intercettazioni da parte degli organi investigativi su fatti criminosi ed illegali.

Sarà approvata una legge che concederà un più ampio campo d’azione a criminali e corruttori.

Possiamo accettarlo o no, ma ciò purtroppo avviene nel rispetto delle regole di uno stato ’democratico’, cioè con l’approvazione dei ns rappresentanti istituzionali.

Il Governo ha deciso ed anche il parlamento grazie alla maggioranza ed allo schiacciante divario di voti rispetto alla opposizione, darà il suo consenso all’approvazione di questo testo legislativo.

Tutto si svolgerà nel rispetto del processo democratico nelle mani di un Parlamento ‘regolarmente’ eletto dagli italiani.

La legge avrà attuazione e le cose pian piano cominceranno ad andar male!

Le indagini sulle piccole e grandi associazioni criminali che delinquono dal nord al sud del paese avranno un rallentamento e gli organi inquirenti perderanno strumenti efficaci come le intercettazioni che in alcuni casi ne comprometteranno la buona riuscita investigativa se non addirittura impediranno di svelare e far emergere l’esistenza di avvenimenti criminosi.

Non leggeremo più sulla carta stampata di colloqui telefonici intercorsi tra Dell’Utri e gente di mafia, ma neppure tra Berlusconi e la D’addario, Berlusconi ed Innocenzi o D’alema e Consorte.

Il mondo dell’informazione dovrà fare a meno i importanti fonti di informazione che potrebbero risultare pericolose per i reporter se usate al limite delle concessioni che la legge delinea.

Tutto questo sembra grottesco, in questo paese che continua a perdere pezzi di democrazia nel silenzio delle istituzioni che dovrebbero essere garanti del diritto, ma tutto ciò oggi si sta concretizzando e presto potrebbe essere realtà.

Siamo ormai vicino all’epilogo, stiamo imboccando un percorso impervio che ci sta portando verso un dirupo dell’antidemocrazia, della negazione del diritto, da cui sarà difficile tornare indietro, ma l’opinione pubblica, le istituzioni, le più alte cariche dello Stato tacciono e continuano a testa bassa quel cammino che un giorno probabilmente malediremo.

martedì 15 giugno 2010

DDL intercettazioni ed il trasferimento del caso di Firenze


Parallelamente alla discussione del DDL intercettazioni, una parte del paese, il mondo dell’informazione, e qualche schieramento politico si domandano quale sarà il futuro di molte inchieste dopo l’approvazione di questa legge.

Bavaglio o meno, l’impatto mediatico di questo intervento legislativo è stato veramente forte ed ha scosso ad ampio raggio l’opinione pubblica di sinistra e di destra.

Dal PDL, l’onorevole Pecorella ad un’intervista di ieri, ritiene che questo testo “può essere migliorato sui temi costituzionali della privacy, della giustizia e della libertà di stampa”.

Non è dello stesso parere il senatore Bossi più intransigente che mai, riferisce che “la revisione di questo disegno di legge si scontrerebbe con un veto della Lega che ne impedirebbe l’approvazione definitiva”.

Il Ministro Alfano in posizione difensiva riferisce dietro al coro del PDL che “non vogliamo difendere nessuna lobby, ma la privacy dei cittadini”!

Anche l’onorevole Cicchitto è fermo sulla posizione di un procedimento senza modifiche confermando che “alla Camera ulteriori modifiche non ci troveranno consenzienti!”.

All’opposizione cambiano i toni, raggiungendo un insolito surriscaldamento come quello dell’onorevole Enrico Letta dal PD che risponde a chi l’interroga con fermezza “Alla Camera sarà un Vietnam per la maggioranza!”.

Dello stesso parere l’onorevole Casini “questa legge va cambiata alla Camera di tutto punto”, anche l’onorevole Di Pietro guidato dal solito fervore annuncia barricate ed un assedio a Montecitorio che verrà occupata!

Potrei continuare a riportare ancora tantissimi commenti che dalla politica e dai rappresentanti di numerose categorie completano il variopinto scenario dell’opinione pubblica trainata emotivamente da questa discussione così incisiva per il futuro del paese in tema di Giustizia ed informazione.

Un futuro che con la definitiva approvazione di questo disegno di legge, vedrebbe uno strappo forte verso la lotta alla corruzione ed all’illegalità, generato dall’impossibilità di condurre a buon fine approfondite attività investigative supportate da intercettazioni prolungate ed ad ampio raggio che di recente hanno portato allo scoperto oscure ed alquanto pericolose macchinazioni ai danni della comunità.

E’ il caso della "cricca fiorentina", dove troviamo la magistratura operosamente impegnata a lavorare sugli ultimi stralci di intercettazioni ancora disponibili, dove la procura di Firenze ha ricostruito negli ultimi due anni le attività di un gruppetto di insospettabili avidamente interessati all’appalto per la costruzione “della scuola dei marescialli di Firenze”.

Il gruppetto di insospettabili coinvolti nell’inchiesta fiorentina è rappresentato da Denis Verdini (Coordinatore nazionale del popolo della libertà), Francesco Piscicelli (imprenditore), Riccardo Fusi (imprenditore), Fabio De Santis (provveditore alle opere della Toscana) ed Angelo Balducci (presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici), questi ultimi due risiedono attualmente in carcere, in attesa della sospensione della custodia cautelare che potrebbe giungere da Roma.

Da quanto emerge dalle indagini dietro all’appalto per la costruzione della Scuola della finanza, era stata istituita una rete di scambio di favori e denari indirizzati a corrompere il ruolo delle istituzioni incaricate di sovraintendere il corretto svolgimento delle opere.

Casi come quello di Firenze con l’eventuale approvazione del "DDL sulle intercettazioni", che presto farà ingresso alla Camera dei Deputati, rischierebbero di non poter mai emergere alla luce del sole, se pensiamo che le prime intercettazioni su questo caso risalgono al 2008.

Mentre con la nuova legge non si potrebbero superare i 30gg di intercettazioni, prorogabili di 15gg + 15gg nel caso emergessero nuovi elementi.

Ma a preoccupare i magistrati di Firenze non è solo il disegno di legge di cui largamente abbiamo scritto anche in molti altri articoli su AV.

Proprio in questi giorni è giunta la notizia per decisione della Cassazione di trasferire a Roma l’inchiesta sulla Caserma dei marescialli di Firenze avviata da oltre 3 anni, impegnado pesantemente i magistrati fiorentini e che ad oggi ha portato alla luce quanto tutti noi conosciamo.

Perché allora trasferire la competenza di questo caso da Firenze a Roma, quando i magistrati e l’attività investigativa stavano riportando brillanti risultati?

A Firenze in molti se lo chiedono e magari anche con una non nascosta preoccupazione.

Ma da ora in avanti speriamo che questo cambio di sede sia ben motivato e non conduca le indagini, fino ad ora brillantemente condotte, su un "binario morto", ma si traduca in un successo della Giustizia e delle istituzioni.

Dalla risoluzione di questo caso di corruzione, l’opinione pubblica attende un riscatto, che possa dimostrare la forza dello Stato nei confronti di alcuni potenti che violarono la legge per raggiungere esclusivo tornaconto personale dilapidando le ormai esigue risorse Pubbliche.

sabato 12 giugno 2010

DDL Intercettazioni. Se passa, AgoraVox come RadioLondra.


Invertiamo la rotta. Se l’Italia è “nave senza nocchiero in gran tempesta”, allora è il momento di riappropriarci del nostro paese. Indistintamente, cittadini di destra e di sinistra dovrebbero fare un passo indietro rispetto ai rispettivi particularismi ed unirsi alla ricerca di un bene comune.

Il Ddl sulle intercettazioni sarà la pietra tombale su una democrazia lentamente distrutta. Sarà la lapide apposta affinché la classe politica, anche se corrotta, possa autotutelarsi.

Le risposte, le giustificazioni, sono fumo negli occhi. Non è vero che le intercettazioni non bloccheranno le indagini per mafia, perché, spesso, è nel corso dell’indagine che emerge il reato mafioso e non a priori; in un’Italia stritolata dalle organizzazioni criminali, tanto valeva donargli direttamente le chiavi del paese.

Si sentono tante scuse, ci si maschera dietro la spesa di circa 300 milioni di euro l’anno, ma è pur vero che siamo il primo paese al mondo per auto blu, con 626 mila unità (gli USA, secondi, ne hanno 73 mila) ed il loro costo è di 13 miliardi di euro (lo stesso di una media finanziaria). Ed è ancora più interessante sottolineare come, grazie alle intercettazioni sull’inchiesta Antonveneto, i "furbetti" abbiano pagato allo stato 340 milioni di euro, ovvero più del loro costo!

Con questo decreto i Moggi, gli Anemone, i Fiorani, i Setola (sì, i Setola), sarebbero ancora al loro posto. Fiorani, oggi, invece di patteggiare la pena si sarebbe trovato a controllare i giornali (voleva scalare RCS).

Con questa legge i medici della Clinica Santa Rita sarebbero ancora al loro posto, ad operare ignari pazienti sani.

Con questa legge Alfredo Romeo starebbe ancora saccheggiando Napoli, e Anemone ridirebbe ancora al telefono dei morti a L’Aquila.

Di cosa parleranno, dunque, i giornalisti? Saranno ridotti ad essere i passacarte d’informazioni preconfezionate (ove non lo fossero già).

Quello che sta accadendo non ha eguali in nessuna democrazia occidentale, il bavaglio all’informazione è il bavaglio alla conoscenza. E’ il bavaglio alla libertà dei cittadini di poter scegliere.

L’Italia è un paese che rischia la deriva democratica, il decreto va ritirato immediatamente, se così non fosse, AgoraVox è pronta ad essere una sorta di nuova Radio Londra. I server in Francia e lo statuto di Fondazione non italiana ci consentirà di continuare a pubblicare quello che può essere detto.

Come per Radio Londra questo non significa abbandonare la lotta affinché le cose cambino, ma sfruttare le potenzialità di tutto il web, per raccontare le notizie e mobilitarsi, di conseguenza, sul territorio.

Questo è un invito a tutti i cittadini liberi: ribellatevi! Sfruttate le pieghe della legge per cambiare il paese. Scriveteci! Mandateci quello che non sarà più possibile pubblicare altrove e, nel frattempo, mobilitiamoci tutti. Facciamo sentire che essere cittadini non significa, solo, mettere una crocetta su una scheda, ma ribadire quanto scritto nell’articolo 1 della nostra Costituzione: “La sovranità appartiene al popolo”.

La sovranità è nostra, non dimentichiamocelo mai.

Tratto da Agoravox del 11/06/10 - Autore:Francesco Piccinini

martedì 1 giugno 2010

Così parlerò col mondo: la storia di Michele Riva


La SLA è una malattina silente, che arriva e attacca il fisico pian piano, senza dare scampo al malcapitato. Come un’ombra, si attacca alle caviglie, al midollo della vita e te lo succhia via come se nulla fosse, giorno dopo giorno. E si resta lì, sfiancati, riversi sul letto, muti. Ma ora, per la prima volta in Italia, questo rigido e infausto gioco del silenzio potrà essere finalmente rotto.
Così parlerò col mondo: la storia di Michele Riva
Era il 1999. Ogni girono mi svegliavo, mi alzavo dal letto, come sempre. Ogni mattina le stesse quotidiane azioni, sovrapensiero. Camminavo le per strade di Torino, fremente, a passo svelto per non fare tardi. Ogni tanto sentivo una senzazione fredda e stridula alla base del collo, come un avveretimento, un ammonimento invisibile che mi metteva in guardia. Allora io mi giravo, per guardarmi le spalle,cercando il pericolo, cosa o chi minacciava la mia serenità. Ma non vidi nulla. Impercettibile, un’ombra sospetta, da quel girono, iniziò a seguirmi, ovunque, senza motivo, senza sosta.

Ovunque andassi, con chiunque parlassi o mi intrattenessi, quell’entità oscura era lì con me. Non potevo liberarmene. Inizialmente mi preoccupai, ansioso com’ero di vederci chiaro, di avere delle risposte, ma queste esitavano ad arrivare. Pian piano mi sentivo sempre più fiacco, con difficoltà ad alzarmi dal letto. Salire i gradini della scala del palazzo divenne un’impresa titanica. Credevo fosse stress, stanchezza. Poi mi accorsi che la famigerata ombra si era attaccata, avvinghiata a me, alle mie gambe, alle mie braccia, al mio torace, impedendomi di respirare, di muovermi, di comunicare.

Una mattina mi ritrovai steso, rigido e muto, in un letto. Come una tomba a cielo aperto, restavo li, minuto dopo minuto, senza poter parlare, vivere, accompagnarmi ai miei cari. La vita sembrava abbandonarmi, scivolarmi fra le dita come sabbia che ritorna alla spiaggia cadendo dalle mani. Ogni mio sogno sembrava svanito. Uno su tutti, quello di diventare radioamatore. Fin da bambino amavo parlare via etere, poter inviare la mia voce nell’etere, in un mondo parallelo, infinito. Ma ora, aprire la bocca e farne uscire qualcosa, anche uno stridio, era una missione impossibile.

Mai avrei pensato che la tecnologia mi sarebbe venuta incontro. Grazie a due computer e a un sensore oculare, riuscirò di nuovo a spandere la mia voce, i miei pensieri nell’etere, raccontare a tanti orecchi tesi le storie che meglio mi rappresentano, che vivo, nelle mie giornate piene di silenzio e di staticità, limiti che la mia mente e la mia tenacia hanno saputo bypassare.

Tratto da Agoravox Italia del 01/06/10

venerdì 21 maggio 2010

Michele, smentisci le voci sulla tua buonuscita d'oro!


L’ultimo ritorno di Santoro in TV nel 2006 con l’avvento di ’Anno zero’, aveva creato un profondo scossone negli ambienti RAI e nella sfera politica che ne governa le sorti da molti anni.

In troppi, da quella galassia che ruota vorticosamente attorno ai destini del servizio pubblico televisivo, da quel 2006 si sono interessati avidamente e premurosamente di seguire e criticare con ripetitiva affezione il suo ruolo di mattatore dell’opinione pubblica Santoro-dipendente.

Costui dal livello di fibrillazione che riesce a generare attorno a se, risulta essere per molti un personaggio dalle indiscusse capacità espressive, organizzative oltre che attrazione mediatica d’eccellenza.

Con i suoi show (vedasi Rai per una notte) e con le sue inchieste è sempre riuscito a trasformare il suo gruppo di lavoro e le sue trasmissioni in un polo di attrazione mediatica, generatore di alto gradimento verso il pubblico Rai ed amplificatore di ascolti anche in seconda serata dove in pochi riescno nell’ardua impresa di conquistare ascolti.

Purtroppo o per fortuna da oggi su tutte le testate e blog italiani è risuonato fragorosamente ancora il suo nome, sotto i più svariati e colorati titoloni che ne approvano o ne condannano l’operato recente, legandolo all’annuncio inaspettato del suo ’esonero’ dagli ambienti Rai.

Si avete capito bene, Michele Santoro, sembra che abbia deciso di andarsene dalla Rai di sua volontà, strano ma vero.

Il difensore della libertà d’informazione, il paladino dei cittadini dai diritti negati, lo smascheratore della corruttopoli animatrice di una certa politica in voga di questi tempi, ha preso la sua saggia decisione di abbandonare il ’palco televisivo’.

Ma al Santoro nazionale non posso che dare ragione, d’altronde lavorare in quell’ambiente dove lo sforzo ed il lavoro maggiore va indirizzato al parare i colpi dei suoi dirigenti che invece di facilitargli il lavoro lo crocifiggono puntata dopo puntata, non permettendogli di lavorare con la serenità che meriterebbe la costruzione e la conduzione di un programma d’opinione indirizzato al servizio pubblico.

Altrettanto accade con la politica che scottata dai suoi rivelatori interventi infrasettimanali rigurgita ogni venerdì mattina e per tutto il week-end sentenze e condanne per quest’oratore a cui secondo alcuni viene concesso uno spazio mediatico senza confini e forse senza controllo.

Ma ciò non ci scandalizza perchè conosciamo i pulpiti della politica dal quale vengono emesse queste sentenze indirizzate esclusivamente alla denigrazione.

Adesso però caro Michele credo che sia arrivata una vera resa dei conti, non tanto verso tutti quegli avversari che ti hanno troppo spesso lanciato uova in faccia, nascondendo nell’altra mano il corpo del reato che tu denunciavi.

Il conto che adesso gli italiani ti chiedono è un altro, quello legato alla tua ricompensa per il servizio prestato in questa azienda che ciascuno di noi sostiene con il pagamento del canone.

Un conto che dovrebbe coincidere alla perfezione con le tue battaglie per la giustizia, l’uguaglianza tra i cittadini, l’equità che la politica e le istituzioni debbono tenere nei confronti degli elettori e che tu da nostro paladino ti sei molto spesso caricato sulle spalle per farne delle battaglie pubbliche per ciascuno o per tutti noi.

Allora torno al dunque a dirti che non vogliamo credere che il compenso per il tuo defilare dagli studi della Rai possa ammontare a 10 o 17 o non so’ quante decine di milioni di euro, come tanti ed in troppi sbandierano, magari senza avere nulla di concreto che possa fondarne una benchè minima credibilità d’informazione.

Sono certo che quanto hai fatto in tanti anni di gloriose battaglie più o meno di successo, mantenga fede ad un tuo credo profondo in tal modo da rinnegare furbesche buonuscite da predatore delle risorse profuse dai cittadini e dalla comunità di abbonati RAI.

Se così fosse allora provvedi con rapidità a smentire le voci che ti danno ormai nell’olimpo di quei pochi fortunati ’Pensionati d’oro dello stato’ che con la prebenda buonuscita garantiscono sostentamento per se e per le prossime generazioni e che tu hai sempre condannato nei tuoi servizi e nelle tue battaglie.

Noi non vogliamo credere all’informazione manipolata.

sabato 8 maggio 2010

Dov'è finita la legge sul testamento biologico?


Era il 9 Febbraio 2009 quando al Senato della Repubblica si stava discutendo il Disegno di legge n.1369 che avrebbe dovuto garantire e formalizzare un istituto legislativo che regolamentasse il mantenimento di malati in stato vegetativo persistente.

Occorreva porre rimedio ad un buco legislativo su un argomento molto sentito da tutti gli italiani e che venne alla ribalta con il caso di Eluana Englaro.

L’opinione pubblica si divise profondamente tra chi condivideva la volontà di Eluana e di suo padre Peppino indirizzata all’interruzione dell’alimentazione forzata e di chi invece propendeva per continuare a fornire quanto necessario a garantire uno stato vegetativo continuativo.

La discussione del testamento biologico si allargò talmente tanto che arrivò alle sedi istituzionali.

Proprio quel 9 Febbraio 2009 però Eluana Englaro morì trovando impreparati tutti quei legislatori e parlamentari che con curioso carattere d’interessamento a questo caso, mostrarono all’intero paese quanto stesse loro a cuore Eluana e le problematiche legate al suo problema.

Quel disegno di legge n.1369 e le discussioni che si generarono, di colpo furono smorzate dalla sopraggiunta notizia della morte di Eluana, facendo ripensare il gruppo di maggioranza parlamentare sui passi da compiere, espletando il ritiro di questa proposta legislativa, ritenuta da molti stringata e non condivisa dalla maggioranza dei parlamentari.

Allora la promessa dall’attuale Governo fu quello di impegnarsi a riscrivere in breve tempo una proposta legislativa più articolata e più condivisa, che prendesse in esame tutti gli aspetti legati al testamento biologico, alla nutrizione artificiale ed alle terapie che accompagnano la sopravvivenza di malati in stato vegetativo permanente. L’obiettivo era anche quello di avere una legge ampiamente condivisa visto il coinvolgimento morale esternato dagli italiani che si era creato attorno a questa problematica.

Da allora poi il silenzio più assoluto, questo Governo assurto a ’Governo del fare’, si è dimenticato di tutto.

L’urgenza ed il trasporto mostrato dai nostri parlamentari in quell’occasione si è dissolta totalmente quasi come se il problema dei malati in stato vegetativo si fosse dissolto per sempre con la morte di Eluana.

L’impressione che ho avuto è che la politica abbia voluto in quell’occasione cavalcare l’onda emotiva che coinvolse gli italiani e li divise, per poi governare gli assensi di coloro che sentivano proprio questo problema.

Perché allora ad un anno e mezzo da quel 09 febbraio 2009 non si è mosso più niente?

Perché nessun parlamentare ha fatto più menzione a questo enorme problema di carattere legislativo e morale d’interesse per tutto il paese?

Forse dovremo aspettare un altro caso Welby o un altro caso Englaro e forse si risveglierà nei nostri sonnacchiosi politici quell’emotività che li possa portare a svolgere il loro dovere affrontando quelli che sono i reali problemi di un paese, e quello sul testamento biologico è uno di quelli veramente urgenti e prioritario.

lunedì 26 aprile 2010

Informazione: da Perugia proposte di riconversione al web


Fino ad oggi nel nostro paese si è sempre ricondotta l’informazione al modo di divulgare notizie su TV, giornali e radiodiffusione.



Internet e le sue timide iniziative delle testate del mainstream informativo italiano, ancora oggi risultano essere la Cenerentola nell’ampio mercato della diffusione informativa, in quanto ripropongono copie maldestramente riviste della principale testata madre cartacea (Repubblica, Corriere, etc.).

Dai mastodonti nazionali non viene proposto nulla di nuovo sul Web, non ci sono idee originali, manca il contatto con i nuovi orizzonti del web 2.0 trainato nel mondo dai social network che passo dopo passo stanno determinando l’andamento di questa nuova frontiera.

Ma per nostra buona fortuna le cose dovranno cambiare se non vogliamo perdere definitivamente il passo con l’immenso mondo dell’informazione che sta traslocando le sue redazioni sul Web, lasciando a casa i nostalgici della macchina da scrivere.

Buone notizie arrivano dal festival del giornalismo di Perugia che ha decretato quest’anno la svolta del modo di fare informazione che si sta concretizzando nel mondo con variegate iniziative multidisciplinari.

Partendo da SpotUs dove viene praticato giornalismo investigativo e d’inchiesta ed alimentato da finanziamenti volontari dei lettori, si sviluppano stravaganti e svariate forme di indagine come spiegato da David Cohn, che si può concretizzare con l’ingaggio di un gruppo di ragazzi che in bici nel parco vengono sguinzagliati ad intervistare cittadini o a raccogliere dati d’inchiesta. Tutto questo disimpegnandosi dall’ingaggio oneroso di giornalisti professionisti dismessi e di questi tempi disponibili in quantità industriali.

D’altro taglio il giornalismo d’inchiesta di ProPublica che, concessosi anch’esso totalmente allo spazio sul web e costituito da una redazione di 35 ‘investigative journalist’ stabilmente operativi e stipendiati, secondo le parole del suo main editor Paul Steiger, garantisce un’informazione autonoma ed indipendente pur ricevendo finanziamenti privati per 10.000.000 di $ l’anno. I risultati evidenti poi li conosciamo dopo l’assegnazione del Premio Pulitzer per l’’investivative reporting’ a Steiger ed al suo team.

Arriviamo ora a Channel Four noto canale televisivo ed informativo inglese che ha focalizzato il cambiamento epocale che garantirà la sopravvivenza da qui ai prossimi anni nell’ingolfato e caotico mondo dell’informazione, esso potrà realizzarsi solo con il coinvolgimento partecipativo e diretto degli utenti.

Cosa di meglio che sfruttare qualcosa di esistente ed in continua espansione come i social networks?

Come ci spiega Vicky Taylor editor per Channel Four, ci si è resi conto di dover cambiare filosofia e dover spostare l’attenzione di parte della redazione su Twitter e Facebook creando dei canali alternativi che rendessero rapidamente fruibili notizie dalla redazione in rete e potessero generare flussi retroattivi di commenti e notizie dagli utenti verso la redazione. Il tutto con l’interscambio di questi contenuti con il canale televisivo.

Queste appena riportate sono solo alcune delle nuove proposte che l’informazione sul Web ha già consegnato in mano agli internauti e che per i prossimi anni vedrà un’espansione smisurata che in poco tempo fagociterà i desueti canali informativi della carta stampata che affannosamente stanno tentando la riconversione. Ci riusciranno?

Certamente il futuro è nello sviluppo di nuove forme comunicative variegate ed alternative tra loro che sapranno reperire risorse umane valide ed attirare l’interesse di investitori disinteressati nel comune scopo di fare giornalismo ed informazione per il più ampio spettro di spettatori.

giovedì 18 marzo 2010

Crisi economica:Chi verrà dopo la Grecia?


Dopo essersi infrantosi con un pesantissimo epilogo, l’equilibrio economico della Grecia sembra aver toccato il punto più basso del recente passato.



Adesso la nazione sotto le mani del Premier Papandreu, soggiogata da un pesantissimo debito pubblico che si attesta intorno ai 298 miliardi di euro, si appresta ad affrontare una dolorosa stagione di sacrifici e rinunce a partire dall’intero apparato dello Stato sottoposto ad una rigida cura ricostituente.

Insomma tutta la nazione dovrà contribuire al recupero di quelle risorse che nel corso degli anni sono state dilapidate dal gioco sporco della politica e della malsana amministrazione, complici entrambe dello sfaldamento dell’apparato di controllo statale.

La difficile attività di cui dovrà farsi carico Papandreu sarà giocata all’interno del suo paese ma anche all’interno del fitto scambio di relazioni che dovrà tessere il premier greco nell’ambito europeo al fine di trovare sostegni economici nel qual caso non dovesse riuscire a rifinanziare il proprio debito al rinnovo dei titoli di Stato in scadenza tra qualche settimana.

Osservando quanto accaduto a questa nostra consorella "Europea" mi viene spontaneo pormi una domanda.

Dopo la Grecia potrà accadere a qualcun altro stato dell’Eurozona di raggiungere una situazione economica di tale costituzione e drammaticità, soprattutto in questo momento in cui gli effetti della crisi stanno dettando le politiche economiche di salvataggio e di contenimento dei danni?

In coda alla Grecia a rischio ‘default’ troviamo, anche per gli effetti deleteri della crisi economica, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e non escluderei anche il nostro paese marcato a vista oltre oceano da osservatori integerrimi.

Per il nostro paese nonostante l’attuale Governo e parte del mondo economico dia all’esterno garanzie di solidità e tranquillizzanti messaggi distensivi sulla tenuta del nostro sistema economico/finanziario, troviamo dati statici di tutt’altra fattezza.

Il debito pubblico di poco sotto i 1800 miliardi di Euro che stabilizza un rapporto debito PIL intorno al 115% (dato ingigantitosi negli ultimi anni), una disoccupazione salita al di sopra dell’8% ed un PIL che ha fatto registrare nel 2009 una flessione del 5,1% non fanno di certo star tranquilli gli economisti avveduti.

Ad accentuare la difficile situazione del nostro paese troviamo una diminuzione congiunturale del Pil dell’ultimo trimestre 2009 dello 0,2%, mentre negli USA c’è stata una crescita dell’1,4% , in Giappone un +1,1%, in Francia un +0,6%, nel Regno unito un +0,3%.

Il confronto con gli altri paesi che hanno già da tempo invertito il senso di marcia verso la crescita economica, ci dà la misura della pesantezza e delle difficoltà che incontra la nostra ferruginosa macchina ‘Italia’ a riprendere il passo delle altre.

Questi dati seppur bilanciati da un sostanzioso ‘gruzzolo’ costituito dal risparmio privato in mano agli italiani e dalle previsioni di crescita del PIL nel 2010 di un risicato 0,9/1,0%, non possono farci ben sperare e dimenticare previsioni nebulose per l’intero sistema Italia, sballottato all’interno di un contenitore Europeo che sotto gli effetti della crisi ha trasformato i suoi aderenti in soggetti egoisti attenti esclusivamente a curare le proprie ferite.

In queste condizioni pur evitando le sorti della Grecia, attraverseremo un pesantissimo 2010, con grossa difficoltà si riuscirà a mantenere una previsione di crescita economica dell’1% e verrà presentato come al solito il conto della crisi ancora una volta ai lavoratori italiani che sosterranno di tasca loro la macchina ‘mangiasoldi‘ dello Stato, in quanto l’attuale classe politica ha dimostrato di non avere gli strumenti per portare avanti profonde riforme atte alla modernizzazione dello Stato e della sua struttura funzionale.

lunedì 15 marzo 2010

Ipotesi di concussione per Berlusconi, Innocenzi e forse Minzolini. Alfano manda gli ispettori a Trani


Che ci sia un corto circuito dell’informazione televisiva è sotto gli occhi di tutti. Quello che però non si poteva conoscere era il modo con cui il governo e Berlusconi in prima persona premevano sulla RAI. Nell’ambito dell’indagine della procura di Trani, resa pubblica per quanto possibile da “Il Fatto Quotidiano”, adesso saltano fuori delle intercettazioni (indirette) del premier, che però non potranno essere utilizzate senza l’autorizzazione del tribunale dei ministri.

L’ipotesi dell’accusa di concussione, cioè lo sfruttamento di una posizione di potere per ottenere dei favori, che graverebbe su Berlusconi (ma anche su Innocenzi e forse Minzolini) si regge sul rapporto del premier con Giancarlo Innocenzi, ex parlamentare e sottosegretario del centrodestra, ex dipendente Fininvest e “in teoria indipendente” commissario dell’Agcom (Autorità garante per le comunicazioni) che avrebbe avuto il compito di organizzare una “strategia” affinché si prendessero dei provvedimenti contro Annozero.

La puntata scatenante sarebbe stata quella dedicata al caso Mills, particolarmente sgradita al premier. La trama del disegno si basava sulla lettera che si sarebbe dovuta inoltrare a Masi, il direttore generale della RAI al corrente delle manovre. Dopo la firma del presidente dell’Agcom Calabrò, firma che non fu mai apposta perché il commissario non cedette alla pressioni, Masi sarebbe stato nella posizione di “placcare Annozero prima che vada in onda”.

Anche l’eliminazione delle docufiction sarebbe stato frutto dello stesso schema. Sotto indagine probabilmente è poi la disponibilità a confezionare dei servizi giornalistici “tondi”, da parte di Augusto Minzolini - il “direttorissimo” del Tg1, come lo chiama Berlusconi anche al telefono - ad hoc per le notizie che riguardano il premier.

Il Ministro della Giustizia Alfano, intanto, “per fare luce sulla fuga di notizie” manda gli ispettori a Trani. “È un evidente tentativo di intimidazione”, spiega Livio Pepino di Magistratura democratica, “Per i tempi e i modi, quella di Alfano appare un’iniziativa politica che più che accertare qualcosa tende a impedire un’indagine”. Il Pdl invece si prepara ad accelerare sul disegno di legge che limiterebbe le intercettazioni.

Altra questione spinosa è la chiusura dei programmi di approfondimento giornalistici che riguarda l’avvenuta approvazione di un regolamento da parte della Commissione parlamentare di Vigilanza (quindi l’Agcom non c’entra) che equipara l’informazione alla comunicazione politica, con l’effetto di sostituire le tribune elettorali alle trasmissioni che andavano in onda nelle fasce orarie più seguite. L’Agcom solo in seconda battuta è intervenuta per evitare lo squilibrio tra una Rai mutilata (4 milioni di euro persi) contro Mediaset e La 7 con i palinsesti completi, producendo un provvedimento che chiude i talk show anche nelle reti concorrenti della Rai. Si è arrivato poi al verdetto del Tar che l’ha annullato e dal quale è dedotto che anche il provvedimento scatenante della Commissione di Vigilanza è illecito.

Ma i programmi come Annozero e Ballarò comunque non riprendono. Chissà perché.

Articolo di Gloria Esposito da Agoravox Italia

sabato 6 marzo 2010

ll decreto 'interpretazione': scippo alla democrazia.


Ricordiamoci questa data 05 Marzo 2010.
Ieri infatti il Governo guidato dal premier Silvio Berlusconi ha ottenuto il reinserimento nella corsa elettorale delle liste Formigoni e Polverini per il PDL, facendoci memorizzare questa data per sempre.
Come lo ha fatto?
Contravvenendo alle regole dello Stato di Diritto che in questo paese sembra stia diventando di moda anche ai più alti livelli istituzionali.
Con l'attuazione di un DL, approvato in tarda serata di ieri anche dal Presidente Napolitano, si autorizzano coloro che non hanno rispettato chiare regole oggi esistenti per la presentazione delle liste elettorali ai cancellieri incaricati, a continuare a disattenderle portando comunque a casa il risultato voluto dal potente di turno.
Che non rispettino i termini di consegna, che utilizzino timbri di autenticazione del supermercato vicino casa, l'importante è che la cancelleria di turno accetti sempre e comunque le liste del PDL.
Certamente solo quelle, quando ciò accadesse ad una lista Bonino o al PD, probabilmente le regole tornerebbero utili e di moda.
Credo che con questa mossa si sia oltrepassato ogni limite della decenza e si sia estirpata ancora una parte di quella Democrazia che comincia ad essere sempre più rara in uno stato in mano ad un despota soprannominato Premier.
Pertanto propongo per le prossime elezioni regionali di portarci all'interno dell'urna e scrivere sulla scheda elettorale 'RIDATECI LA DEMOCRAZIA'.
Questa rivolta culturale manterrà alto l'onorabilità di chi crede ancora nella Democrazia e nello Stato di diritto.
Probabilmente da domani nulla avrà più certezze!

giovedì 11 febbraio 2010

Crisi economica: Produzione industriale 2009 a picco -17,5%


Ieri l’Istat ha diffuso un altro dato definitivo molto negativo sulla produzione industriale italiana di dicembre 2009 a conferma dello stato della nostra economia e delle imprese che ne reggono l’impalcatura.

La diminuzione della produzione industriale a dicembre 2009 rispetto al mese di novembre 2009 ha riportato una rallentamento del –0,7%.

Ancora più preoccupante è la riduzione media annua della produzione industriale del 2009 rispetto all’anno 2008, che si è contratta del –17,5%, pur avendo il 2009 254 gg lavorativi contro i 253 gg lavorativi del 2008.

Nel 2008 si era già consuntivata una diminuzione media annua della produzione industriale del –3,1%, che non faceva presagire un tracollo di queste dimensioni nell’anno successivo.

Ora i principali settori dell’industria che in Italia si trovano in queste difficoltà chiedono i sostegni dello stato già concessi alla Fiat nell’anno trascorso avendo riconosciutogli un privilegio per pochi.

Quest’anno è la volta di elettrodomestici e quant’altro che potranno usufruire degli incentivi all’acquisto, ma qui analizzeremo la metodologia proposta dal Governo.

Il 2010 quindi partirà sotto i peggiori auspici, visto che questo Governo ad oggi non ha mosso alcun passo verso il sostegno alle grandi, piccole e medie imprese in difficoltà, non riconoscendo alcun vantaggio fiscale o maggior sostegno allo sviluppo, negando anche il monitoraggio sulle banche che stringono la morsa nella concessione del credito.

Sotto queste prospettive il paese come potrà riprendere il volano della crescita e dello sviluppo?

Probabilmente dopo la fuga di molte imprese all’estero, si sta concretizzando un impoverimento del tessuto industriale italiano con riflesso diretto sull’economia del paese e delle famiglie italiane, in tal modo si dovrà rivedere a 360° il modello della nostra società, da industriale a post-globalizzazione.

Se così non fosse e ce lo auguriamo, ci aspettiamo da parte del Governo un intervento di chiarificazione sullo stato dell’industria e degli interventi che prevede avviare in quanto oggi sembra che nessuno da Palazzo Chigi abbia menzionato questo dato economico piuttosto importante e illuminante sullo stato di depressione del principale settore economico del paese.

Articolo di Paolo Praolini da Agoravox Italia

mercoledì 10 febbraio 2010

Perchè Ciancimino jr. ha deciso di parlare!


La domanda è diventata uno slang che attraversa salotti borghesi e mercati popolari, uffici e redazioni, bar e sale Bingo, in una parola, tutta Palermo: "Perché parla Massimuccio?". E, soprattutto, perché parla proprio ora? Perché un giovane rampollo della borghesia mafiosa dal cognome pesante, che ha respirato omertà da quando era in fasce, custode di segreti e di miliardi, decide un giorno di fine 2007 di abbandonare la sua "dolce vita", destinata a continuare nonostante una condanna per riciclaggio e una confisca di 60 milioni di euro per incontrare Maurizio Belpietro, allora direttore di Panorama, e avventurarsi sui sentieri impervi della trattativa "mafia-stato" sollevando una querelle istituzionale dai risvolti imprevedibili?

E aprendo, di fatto, la strada ai primi interrogatori di gennaio 2008 (Caltanissetta) e marzo 2008 (Palermo) per puntare, come missili, le sue parole e i suoi documenti, contro Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi? In buona sostanza a Palermo la domanda alimentata dalla diffidenza verso un cognome che ha segnato in negativo la città e una vicenda istituzionale dai contorni ancora confusi, e: "chi glielo fa fare?".

Come per la formazione della squadra rosanero, ciascuno dei palermitani, ha, ovviamente, una propria risposta, a volte ancorata al terreno della logica, più spesso in volo nei cieli della dietrologia. Vuole salvare quel che resta (e non è probabilmente poco) del patrimonio familiare? Vuole sfuggire alla misura di prevenzione personale, l’unica che veramente lo spaventa e che gli impedirebbe di continuare a fare il trader sui mercati di mezzo mondo? Regola conti antichi del padre eseguendo una volontà testamentaria non scritta di don Vito, che negli ultimi mesi di vita gli descrisse "in maniera criptica la natura dei suoi rapporti economici attraverso una rete di prestanome?".

Lui la spiega cosi’, mescolando ragioni nobili e meno nobili, familiari e civili: "L’amico del sig. Franco mi disse di non parlare di lui, del suo mondo, di Berlusconi e della trattativa, De Donno mi assicurò che sulla trattativa avrebbero messo il segreto di Stato. E il pm Sciacchitano, attraverso il prof. Lapis, mi mandò a dire di non parlare della società del gas: a Lapis risposi che mi ero rotto le scatole di proteggere tutti e pagare solo io. E mia moglie (stanca dei guai giudiziari, ndr) mi disse che stavo rovinando il bambino chiamandolo Vito Andrea. Con lei presi un impegno, il giorno che sarei stato condannato avrei smesso con questa vita. Da oggi voglio che mio figlio Vito sia orgoglioso di portare il cognome che porta".

Se la serenità interiore di Gaspare Spatuzza notata da più d’un pm è il biglietto da visita della sua conversione religiosa, appare oggettivamente più difficile attribuire alle parole di Ciancimino jr, per ragioni familiari da sempre immerso in una sub cultura omertosa, l’abito laico di una folgorazione civile sulla via di Arcore.
Ma se è giusto interrogarsi sul perché il giovane Massimo parli solo adesso, appare lecita la medesima domanda nei confronti di altre memorie ad orologeria dei protagonisti sul palcoscenico istituzionale, da Nicola Mancino a Claudio Martelli, da Liliana Ferraro a Luciano Violante fino agli stessi Mori e De Donno, che rivelarono dopo sei anni il loro incontro del 25 giugno con Paolo Borsellino.

A conferma che i buchi neri di quella stagione sono ancora numerosi, e i miliardi di Ciancimino portati a Milano alla fine degli anni ’70, come testimoniano le sentenze dei processi di mafia e di bancarotta e le collezioni dei giornali dell’epoca, possono costituire una formidabile chiave interpretativa per rileggere vicende ancora attuali nell’Italia dei patti e dei ricatti.

Articolo di Giuseppe Lo Bianco da il Fatto Quotidiano del 10 febbraio 2010

sabato 6 febbraio 2010

La candidatura in Campania di De Magistris


In queste ultime ore in molti, da più fronti e attraverso strumenti di comunicazione diversi, mi chiedono un atto di coraggio e di responsabilità: partecipare alla corsa elettorale per la regione Campania. E' un attestato di stima e di fiducia che quasi mi crea imbarazzo, per via di quel sentimento di affetto che sento presente in questa richiesta. Una richiesta che sono costretto, con sofferenza, a declinare, proprio per il coraggio e la responsabilità che essa chiama in causa. Dico con sofferenza perché la Campania è una terra che amo, essendo la mia terra. Una regione difficile ma feconda, in cui il permanere di una politica paludata, fatta di collusione e connivenze trasversali, non ha azzerato la voglia di cambiamento politico della sua popolazione. I clan che comprimono l'economia e determinano la spesa pubblica delle amministrazioni, ma anche Saviano e la lotta a o'sistema. La disoccupazione e la mala-occupazione frutto del baratto infame fra ragioni elettorali e interessi personali, ma anche il sacrificio dei giovani nell'inventarsi un'alternativa e un futuro. Perciò merita una nuova classe dirigente, coraggiosa e responsabile appunto, che risponda al desiderio di rinnovamento e discontinuità. Sarebbe allora una prova di coraggio e responsabilità lasciare l'incarico di presidente della Commissione bilancio e il ruolo rivestito nel Parlamento europeo, a cui sono stato delegato grazie al voto di quasi 500mila elettori? Cosa ci sarebbe di coraggioso e responsabile nell'abbandonare una carica che ho promesso di svolgere al meglio davanti ai cittadini? Sarebbe nuova e sarebbe giusta una scelta di questo tipo, che vedrebbe riaffermata la solita vecchia pratica, così offensiva per la comunità, di chi chiede consenso per un impegno e poi tradisce questa promessa per imbarcarsi in un'altra avventura politica? C'è bisogno di trasparenza e onestà in Campania, creare un'amministrazione che faccia di questi aggettivi il senso della sua missione, rompendo con la tradizione della co-gestione clientelare del potere, con i pacchettari di voti che determinano la dirigenza, con l'intreccio di crimine e affari nella cosa pubblica. Ma per affrontare questa sfida, mi chiedo, posso scegliere di passare per il "voltafaccia" del mandato popolare, che ho ricevuto da chi mi ha votato come parlamentare europeo? Posso disattendere gli obblighi della Commissione per il controllo del bilancio, a cui credo come occasione per ristabilire un corretto utilizzo del denaro pubblico? Posso venir meno all'obiettivo di rendere europea la lotta alle mafie, alla loro infiltrazione istituzionale, al loro sfruttamento parassitario dell'economia e delle istituzioni? Credo di no, credo di non poterlo fare. Da politico sento di dover dimostrare credibilità e correttezza nei confronti dell'elettorato. Per la Campania continuerò ad impegnarmi, come sto facendo dall'Europa e in Europa, che non è affatto un esilio dorato, come molti detrattori sostengono, ma uno spazio politico in cui è possibile combattere per il futuro del proprio Paese. Lotto con il popolo in movimento in Italia. E il mio Paese, per me, è anche e soprattutto la Campania. Dal suo riscatto infatti, come da quello di tutto il Sud, dipende il destino di un'intera nazione.

Di Luigi De Magistris dal suo blog www.luigidemagistris.it

venerdì 29 gennaio 2010

Intervista a Caspian Makan ex fidanzato di Neda Soltan


Abbiamo contattato Caspian Makan ex fidanzato di Neda Soltan uccisa in Iran nella rivoluzione dello scorso Giugno 2009 ed eletta dal mondo della comunicazione personaggio dell’anno 2009.
Caspian è stato testimone, oltre che della vita di Neda, dei movimenti rivoluzionari degli ultimi mesi accaduti in Iran dopo la rielezione del Presidente Ahmadinejad.
Iran.


In esclusiva per AgoraVox parla Caspian Makan, fidanzato di Neda Soltan.

Caspian, può darci testimonianza su quanto è accaduto a Neda il 20 giugno 2009 e sul legame della sua triste scomparsa con gli eventi rivoluzionari di quei giorni in Iran, considerando che in molti in Europa hanno considerato la sua vicenda una montatura mediatica? Qual era, inoltre, il pensiero di Neda nei confronti della realtà in cui viveva?

Prima di tutto, voglio sottolineare tutto ciò che mi è stato erroneamente addebitato, voglio affermare che Neda non è mai stata coinvolta nella politica ma che lei ha sempre aspirato alla libertà dell’uomo. Ha sempre sofferto per le limitazioni superficiali e superstiziose create dai dogmi religiosi.

Ha iniziato a studiare spiritualità all’Università per comprendere come nascevano le religioni e qual era il loro fine. Era molto brillante e curiosa.

Dopo un anno si è resa conto che i dirigenti scolastici le facevano pressione per il suo modo di pensare e anche per il modo di apparire e per il modo di vestire.


Sentì che imparare era diventato un obiettivo secondario. Successivamente ha abbandonato l’Università e decide di studiare musica da autodidatta.

Viveva in uno stato che era l’epicentro della mancanza di individualità e libertà civili.

L’Iran ha un governo religioso con capi estremisti che non credono nelle libertà individuali delle persone, e il guinzaglio a cui tengono legati i giovani diventa ogni giorno più corto.

Inoltre, trattano le persone nei modi più disumani. Da più di 30 anni la gente innocente viene colpita, ferita, imprigionata e persino uccisa. L’amore per la libertà e le aspirazioni umane di Neda sono venute alla luce durante le elezioni presidenziali del Giugno 2009.

A queste elezioni partecipavano 4 candidati, ma Neda pensava che fossero tutti uguali.

Le uniche differenze erano nel loro modo di presentarsi. Questo è stato il motivo per cui non ha votato e non ha sostenuto nessuno dei candidati. Ma quando si è accorta che si stavano verificando brogli elettorali, decide di unirsi alla gente che protestava. Fin dall’inizio ha partecipato alle proteste affianco al popolo e diviene molto attiva.


Al contrario di molta gente afflitta da problemi di varia natura, Neda sapeva perfettamente cosa faceva e cosa voleva. Pochi giorni prima della morte, quando ho visto la repressione, ho cercato di convincerla a non partecipare alle dimostrazioni. L’amavo e non volevo che le accadesse qualcosa. Le ho chiesto: "Che succede se ti arrestano?". Risponde: “Non è importante!”. Ho replicato: “Se ti sparano addosso?”.

Lei mi ha risposto: “Anche se un bossolo attraversa il mio cuore, non importa! E’ più importante ciò per cui combattiamo. Quando si tratta di sostenere i nostri diritti rubati, non dobbiamo esitare. Ognuno è responsabile. Io non sono diversa dagli altri”.

Le ultime sue parole sono state: “Ogni persona lascia un’impronta in questo mondo!”.

La mattina del 20 giugno 2009 lei ha avuto una conversazione simile con sua madre prima di uscire di casa e sua madre non era stata capace di farle cambiare idea sull’intento di partecipare alle dimostrazioni.

Sfortunatamente quella mattina è stata colpita dalle forze del regime ed è accaduto che tutto è stato catturato da una macchina fotografica/cinepresa. Mi piace descriverla durante i suoi ultimi momenti: aveva gli occhi completamente aperti, una faccia serena, nessuna disapprovazione, pienamente cosciente alla fine si è arresa alla morte. Non è stata colpita da un proiettile grande e non è morta all’istante. E’ stata colpita da un piccolo proiettile che ha impiegato 7 lunghi interminabili minuti a toglierle la sua vita. Penso spesso a quanto disagio proviamo quando abbiamo una spina conficcata nel dito. Il cuore innocente di Neda era stato trafitto da un proiettile, il sangue zampillava dal suo corpo eppure lei era come sempre calma e cosciente mentre pensava alla libertà. Sfortunatamente ci sono immagini di molte persone nel mondo che vengono picchiate o uccise, ma l’eredità di Neda viene dai suoi pensieri sinceri evidenti sul suo viso: è questo che ha colpito il cuore di milioni di persone nel mondo. Attraverso la sua mente cosciente e il suo estremo coraggio, Neda è stata capace di indicare una nuova direzione a milioni di iraniani che protestano e rafforzano la loro risolutezza nel cercare le loro libertà.

Il momento in cui Neda ha dato il suo ultimo respiro, è iniziato il conto alla rovescia per la caduta del regime disumano in Iran. Oggi gli iraniani ben informati e molte persone nel mondo aspettano solo il giorno della vittoria.

Il dono di Neda alla popolazione mondiale è la libertà. Penso che Neda non sia solo l’eroina o la leader della libertà degli uomini nel 2009, ma il suo nome resterà nella storia come un’eroina degna e grande.

Traduzione di C.P.

martedì 26 gennaio 2010

Morto e defunto il confronto del 'Politically correct'


Ogni italiano si sarà accorto come negli ultimi anni la politica ha cambiato il proprio registro nel rapportarsi con il proprio antagonista.



Gruppi di potere, partiti o schieramenti politici hanno rivisto completamente la metodologia dello scambio di opinioni nei confronti del gruppo politico con il quale ci si contrappone o verso il rappresentante politico con il quale ci si appresta ad affrontare una campagna elettorale.

Qualche tempo fa la politica astuta che si atteneva ancora ad un modus operandi democratico e civile, si apprestava ad affrontare l’avversario con un confronto ideologico basato sulle proposte programmatiche del partito politico di appartenenza.

In questi confronti si mettevano le carte in tavola con le proposte che diventate opportunità avrebbero alimentato la vita del paese da lì in avanti.

Chi sapeva proporre il ‘meglio’, le proposte più ‘appetitose’ per il popolo o quello che risultava essere indispensabile al paese in quel momento, avrebbe vinto quella partita al tavolino del dialogo, senza mietere vittime sacrificali che non avrebbero giovato a nessuno, tantomeno al paese.

Oggi tutto questo non c’è più, la parola ‘confonto’ è stata dimenticata, anzi direi questa parola è morta nell’agenda della politica.

L’avversario politico è diventato un ‘nemico’ da eliminare con qualsiasi mezzo.

Oggi si demolisce l’avversario politico con la diffamazione, una foto, un video e la sua fama ed il suo buon nome vengono infangati per sempre verso l’opinione pubblica a volte affamata di gossip.

Succede a destra ed a sinistra le armi della politica hanno trovato una nuova via breve ed efficace, portare alla luce uno ‘scandalo’ che sarebbe potuto passare inosservato, denigrare l’oppositore ideologico su un campo che non ha nulla a che fare con la politica.

Non si è capaci più di affrontarsi sugli argomenti e sugli atteggiamenti politically correct come si faceva un tempo.

A decidere del futuro dei nostri politicanti ora sono i ‘comitati politici di redazione’, dietro le scrivanie di quotidiani o delle testate di gossip come il settimanale ‘Chi’ o ‘Il giornale’, per mano di un Signorini o di un Feltri si decidono di mandare alla gogna i Sircana, i Marrazzo, le Mussolini o i Boffo.

Altro lato sconcertante sta nel fatto che foto o filmati che arrivano sui tavoli di queste redazioni per mano dei Corona e c. sono sottoposte al vaglio dei patron (vedasi Berlusconi nel caso Marrazzo) che stabiliscono chi condannare e chi salvaguardare. In quest’ultimo caso le prove del ‘reato’ magicamente scompaiono dalla circolazione per un personaggio da proteggere ed il politico di turno è salvo.

Ora ci si sta avvicinando sempre di più al confronto elettorale di marzo delle regionali ed i comitati elettorali ufficiali e quelli nascosti nel retrobottega di qualche redazione sono all’opera ed in pieno fervore.

In molti cercano di costruire una coalizione o cercano un rappresentante politico, qualcun altro sotto mandato imposto dall’alto con losca e disarmante tenacia, cerca prove indirizzate alla demolizione del candidato di turno.

Che sia Bonino, Bresso, Vendola o Boccia, Zaia, qualsiasi candidato in questo momento sa di esser sotto il tiro di trincea che la politica del nuovo millennio ha messo in campo, pur di evitar il confronto diretto del corpo a corpo che troppo spesso ha messo in evidenza personaggi politici di valore a discapito di politici inconsistenti andati avanti per ‘raccomandazione’.

Prepariamoci a vederne di belle perchè il 27 Marzo 2010 non è molto lontano.

domenica 10 gennaio 2010

La morte ordinaria del “negro” Uzoma Emeka, detenuto modello nella galera di Castrogno, Teramo, sezione di “schifezza media” del Grande Carcere Italia


Quasi tutti i giornali hanno sbagliato a scriverne il nome il giorno dopo la sua morte, avvenuta il 18 dicembre 2009 nel carcere abruzzese di Castrogno, Teramo . Figuriamoci chi potrebbe ricordarsi di lui oggi, quasi un mese dopo, e saprebbe scriverne e pronunciarne correttamente le generalità.

Nelle carceri italiane si continua a morire più che in ogni altro Paese europeo – nei primi dieci giorni dell’anno già quattro decessi, due dei quali suicidi per impiccagione – e non sembra esserci né tempo, né voglia di ricostruire la vita e soprattutto la morte di Uzoma Emeka, 34 anni, nigeriano di Obodoluwu, residente a Martinsicuro, provincia di Teramo, e padre di due bambini, un maschietto di quattro anni e una femminuccia di dieci mesi.

Invece la vicenda di Uzoma Emeka, finita sui giornali perché si sospettava, senza alcun fondamento, che il ragazzo fosse stato vittima di un pestaggio da parte degli agenti penitenziari di Castrogno, è terribile per la sua ordinarietà, e deve fare riflettere perché rappresenta non l’eccezione ma la regola della vita carceraria italiana, persino per la maniera grottesca in cui i “panni sporchi” del carcere teramano sono volati al di là della cinta muraria.

La collina di Castrogno che sovrasta Teramo dà il nome alla prigione ed è una poltrona in prima fila per godersi lo spettacolo delle cime bianche del Gran Sasso. Una immagine che si dimentica appena si oltrepassa la soglia del carcere.
Una galera, questa di Castrogno – ed ecco il primo elemento di preoccupante “ordinarietà” -, che non è peggiore, né migliore di tante altre patrie galere. Le celle e i materassi umidi, il riscaldamento e l’acqua calda un giorno sì e quattro no, il pavimento sempre sporco anche dopo il lavaggio, perché è di cemento e rimuovere lo sporco è impresa vana. Un carcere insomma che fa abbastanza schifo, ma che rientra nella “schifezza media” del Grande Carcere Italia, versione contemporanea della ottomana Corte del Diavolo, la galera di Istanbul raccontata da Ivo Andric.

La nostra “Corte del Diavolo”, dalle Alpi alla Sicilia, dovrebbe accogliere non più di quarantremila detenuti. Invece ne contiene sessantaseimila.
Castrogno, dice il nuovo comandante degli agenti penitenziari, Sabatino De Bellis, è un carcere di media sicurezza, che dovrebbe ospitare 230 detenuti e invece ne ha 400. Ma che non sta peggio del carcere di Bologna, per esempio, da dove De Bellis proviene, poiché la carenza di personale a Teramo (191 agenti invece dei previsti 203) è dell’8 per cento, mentre a Bologna è del 37 per cento. E anche per numero di morti c’è chi sta peggio. E’ vero che a Teramo ci furono 12 morti in un anno solo, nel 1991. Ma nella vicina Sulmona ce ne sono stati 15 negli ultimi dieci anni, e tutti suicidi, compresa la direttrice, Armida Miserere, che si sparò un colpo in bocca il 19 aprile 2003 per una non meglio diagnosticata forma di “depressione”.

Uzoma Emeka stava scontando una pena a due anni e dieci mesi per spaccio di droga. Eroina. Lo avevano arrestato il 27 giugno 2008. Colto in flagrante, con due etti di “roba” e un frullatore per tagliare la droga e “allungarla”.
Ragazzo sempre sorridente, addirittura simpatico e sempre pronto ad aiutare gli altri detenuti, dicono di lui gli agenti penitenziari. E doveva essere così, se il magistrato di sorveglianza di Pescara gli aveva già riconosciuto uno sconto di pena di novanta giorni per buona condotta e gli aveva promesso un permesso premio per Natale. Cose molto importanti per un detenuto, poiché possono fargli ottenere la trasformazione della detenzione in carcere in detenzione domiciliare, che per Uzoma sarebbe scattata già in febbraio.

Uzoma era sbarcato in Italia per lavorare, dice il suo avvocato Giulio Lazzaro , e di lavori e lavoretti, saltuari e sottopagati, ne ha fatti tanti. Ma una volta scaduto il permesso di soggiorno, in base alle regole della legge “Bossi-Fini” doveva smammare. Aveva già due figli, una compagna – Loveth Omorodion, 33 anni, anche lei nigeriana, ma di Benin City -, e così ha deciso di fare il grande salto e si è messo a spacciare droga.
Nessuno vuole giustificare la scelta sciagurata di Uzoma. Se spacciava droga è giusto che sia stato arrestato e condannato. Ma la “condanna a morte”, anche se nella forma “indiretta” di non essersi presi cura di lui fino a lasciarlo crepare, no. Questo esito non può essere giustificato nemmeno dal sovraffollamento e dalla vita grama che tra le mura della “Corte del Diavolo” tocca in sorte anche agli agenti di custodia.

Il 18 dicembre scorso Uzoma Emeka è svenuto e non ha più riaperto gli occhi. Quando lo hanno soccorso era troppo tardi. All’ospedale civile di Teramo, Uzoma è arrivato cadavere. Eppure, erano già quindici giorni che Uzoma stava male, anzi malissimo. L’ultima volta che la compagna Loveth è andata a trovarlo è stato sei giorni prima della sua morte, il 12 dicembre. Loveth uscì sconvolta da quell’incontro. Per due motivi. Il primo, lo stato di salute di Uzoma: non si reggeva in piedi e lo portavano a braccio. Il secondo, le poche parole sussurratele dal suo uomo, che le avrebbe confidato di avere paura perché in carcere aveva visto “qualcosa di brutto” .

Cosa aveva visto Uzoma? Aveva visto una guardia pestare un detenuto, il 22 settembre. E come facciamo a sapere di questo pestaggio (o, come dicono gli agenti, di questa “reazione” della guardia all’aggressione da parte del detenuto)? Lo sappiamo grazie alla registrazione di un colloquio piuttosto animato tra l’ex comandante degli agenti, Giuseppe Luzi (ora sospeso dal Dap , il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) e i suoi subalterni, avvenuto tre giorni dopo, il 25 settembre. La registrazione, su cd rom, con una lettera di accompagnamento apparentemente scritta da un detenuto anonimo, è stata inviata al quotidiano di Teramo, “La Città”, che naturalmente ha pubblicato tutto, facendo esplodere lo scandalo, con relativa apertura di un’inchiesta giudiziaria.
In questo colloquio, il comandante Luzi si arrabbia: “Abbiamo rischiato una rivolta eccezionale”, dice Luzi. E poi, rivolgendosi a un agente che dice di non saperne nulla: “Ma come, Micacchioni , soltanto tu non sai che cosa è successo? Non lo sai che ha menato a un detenuto in sezione? Ma se lo sanno tutti!”. E quello: “Io non c’ero. Non so nulla”. Luzi allora pronuncia la frase che gli è costata la sospensione. “In sezione – dice – un detenuto non si massacra. Si massacra sotto”. E aggiunge: “Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto…”.

Quel “negro” era Uzoma Emeka. Ecco perché il primo, atroce, ma giustificato sospetto, quando Uzoma è morto, è stato che qualcuno potesse averlo fatto fuori per ciò che aveva visto. Poi l’autopsia accerterà che Uzoma è morto per un tumore al cervello e l’atroce sospetto, per fortuna, svanirà subito. Ma con Uzoma se ne è andato anche il testimone del pestaggio, o della “lite”, che secondo Luzi non doveva avvenire, o meglio: non doveva avvenire davanti agli altri detenuti, poiché “poteva far scoppiare una rivolta eccezionale”. E il fatto che Uzoma sia morto, diciamo la verità, ha acquietato gli animi di tutti coloro che potevano temere il racconto di un testimone scomodo.

Dicevamo però anche dell’aspetto grottesco di questa vicenda tragica. Di Uzoma avremmo letto soltanto due righe liquidatorie nelle agenzie di stampa, se sul carcere di Teramo non si fossero accesi i riflettori a causa di quella registrazione – è il caso di dirlo – galeotta. Registrazione e lettera anonima che però – cosa risultatata subito evidente – non è stato un galeotto a confezionare. E’ stato un agente penitenziario. E non per un sussulto di coscienza. Ma per vendetta. La guardia carceraria che ha registrato le trucide parole del comandante Luzi lo ha fatto solo perché Luzi non lo avrebbe “protetto”. Più in dettaglio: l’anonimo agente aveva una relazione con una collega, e la loro storia si sarebbe svolta all’interno del carcere, tra una pausa e un cambio di turno. Un altro agente avrebbe inviato, dal carcere, una lettera al marito della signora, rivelandogli tutto con abbondanza di particolari e creando così un caso carcerario sì, ma “a luci rosse”.
Cosa c’entra in tutto questo il comandante Luzi? Secondo l’agente anonimo, Luzi doveva impedire che dal carcere uscisse quella lettera. Doveva “filtrarla”, come si fa con tutta la corrispondenza dei detenuti e così schermare lui e la collega amante. Tanto più, dicono in carcere, che Luzi tempo prima aveva avuto una storia simile, sempre all’interno della stessa struttura, con una collega, che poi è diventata la sua seconda moglie, e quindi doveva mostrare particolare “comprensione” per i due secondini amanti…
Come ragionamento è delirante, ma come movente è micidiale.

Poi però Uzoma, “il negro che aveva visto tutto”, muore e quella registrazione finita sui giornali diventa ancora più inquietante. E così all’inchiesta del pm David Mancini su Luzi e altri cinque agenti per il pestaggio, se ne affianca subito un’altra, condotta dal pm Roberta D’Avolio , per la morte di Uzoma Emeka. E sì, perché il caso è tutt’altro che chiuso.

Uzoma, prima di morire, è stato male per giorni. Ma non perché, come pure si è insinuato, fosse tossicodipendente. Non lo era. O perché stesse seguendo una terapia antidepressiva con uso di psicofarmaci. Non aveva di questi problemi. La verità è che quando Uzoma ha cominciato a star male – capogiri, violente emicranie, vomito, svenimenti – le uniche cose che sono state fatte per lui sono quelle che “ordinariamente” si fanno per tutti i detenuti in tutte le carceri: esenzione dal lavoro, se si è “lavoranti” (e Uzoma lo era), trasferimento di cella, e poi pasticche su pasticche (antridepressivi, ansiolitici, calmanti) come rimedi universali per qualsiasi patologia.


Ogni detenuto, e quindi anche Uzoma, ha una cartella biografica in cui viene annotato tutto ciò che fa un carcerato, anche le cose minime. Questa cartella è, o dovrebbe essere, ciò che la “scatola nera” è per un aereo.
La cartella personale di Uzoma è stata sequestrata dal pm D’Avolio e sicuramente conterrà – sarebbe molto grave se così non fosse – la motivazione che ha causato l’esenzione dal lavoro di Uzoma e il suo cambio di cella. E poiché Uzoma si sentiva male, è lecito e logico pensare che la motivazione riguardi il suo stato di salute. Il punto è: con quale diagnosi? Perché se si è scoperto che Uzoma aveva un tumore al cervello soltanto dopo l’esame autoptico vuol dire che nel carcere di Castrogno non c’è nemmeno un mediconzolo in grado di interpretare quei sintomi così evidenti come altrettanti campanelli d’allarme per disporre con urgenza almeno una Tac.

Invece, dalle prime indiscrezioni sul contenuto della cartella biografica di Uzoma trapela che il ragazzo avrebbe avuto una intossicazione da alcol. Strano. Durante i pasti non è ammesso più di un bicchiere di vino. Non ci si intossica con un bicchiere di vino. A meno che non si voglia sostenere che qualcuno abbia passato a Uzoma una bottiglia di whisky… Ma questo sarebbe ancora più “ordinariamente” grave, perché significherebbe che non solo Uzoma non è stato controllato, non solo è stato abbandonato a se stesso, ma addirittura sarebbe stato fatto ubriacare per anestetizzarlo, come si faceva con i pellerossa confinati nelle riserve.


E allora, in attesa che parlamenti e governi potenzino le misure alternative al carcere e migliorino la “legge Gozzini” , chiediamoci: c’è uno sbocco concreto e immediato per la vicenda di ordinario abbandono carcerario di Uzoma Emeka? Sì, c’è. Ed è, semplicemente, l’esercizio di una giusta e ordinaria giustizia.

Articolo di Carlo Vulpio del 10/01/10

Ripreso dal blog di Carlo Vulpio

domenica 3 gennaio 2010

Scudo fiscale 2009. Vantaggi per chi?

Con il decreto per la programmazione economica e finanziaria 2010-2013 il Governo prevede la reintroduzione dello scudo fiscale nel nostro paese, inserendolo nella manovra di bilancio per l’anno 2010.

Per molti di noi cittadini però questa parola, ’Scudo fiscale’, risulta alquanto sconosciuta, non tanto per il significato intrinseco del termine, ma per l’utilizzo o la mera applicazione di questo strumento nella vita di un comune cittadino di cui non conosciamo applicazione, almeno per i più.

In realtà questo complesso strumento fiscale per il suo vasto campo di applicazione, risulta essere di limitato utilizzo per il comune cittadino a meno che non abbia patrimoni detenuti illegalmente all’estero.

Quale scopo si prefigge questo strumento fiscale?

L’articolo di legge che prevede l’introduzione di questa norma, garantisce a coloro residenti in Italia che abbiano detenuto capitali, attività finanziarie e patrimoniali all’estero ’illecitamente’, l’istituzione di una imposta straordinaria di regolarizzazione.

Per dirla in parole povere una specie di sanatoria una tantum.

Sarà applicata una aliquota complessiva del 5% sulle rendite di patrimoni che fino al 31 Dicembre 2008 risultavano giacenti fuori dall’Italia, condizione sine qua non è il rimpatrio di questi e la effettiva regolarizzazione secondo questo decreto.

Quindi a partire dal 15 Settembre 2009 al 15 Aprile 2010 si potrà mettere in regola quanto detenuto all’estero e fino ad oggi al riparo della scure fiscale dello Stato, il quale nelle ultime settimane comincia ad accusare i segni della crisi, con una riduzione delle entrate.

Come dichiarato dal nostro ministro dell’Economia Tremonti lo scopo ufficiale di questa manovra è rintuzzare qualche gruzzoletto per ridare respiro alle casse statali stanando qualche capitale detenuto nei famosi ’Paradisi fiscali’ da società o personaggi facoltosi ’integerrimi’.

Andiamo quindi a vedere quanto preveda il Governo che possa rientrare da questa tanto pubblicizzata manovra, quindi quale gettito è stato inserito nelle entrate dell’erario per l’anno 2010.

Incredibile ma vero, la previsione di bilancio per lo scudo fiscale è l’entrata di 1 Euro.

Questo si che è parlare, e ciò rivela elevate capacità di programmazione economica del ministero, ma nella relazione si riportano tali motivazioni che giustificano questa scelta.

’Per quanto riguarda le valutazioni sul gettito, non si ascrivono per ora effetti finanziari se non nella misura simbolica di 1 euro ’per sola memoria’ per le seguenti considerazioni: assoluta imprevedibilità del numero dei soggetti interessati che potrebbero aderire all’iniziativa e conseguentemente della quota delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di rimpatrio e regolarizzazione; indeterminabilità della effettiva distribuzione temporale dell’eventuale gettito tra l’anno 2009 e l’anno 2010’.

Per coloro che si affidano all’applicazione di queste norme per il rimpatrio dei loro patrimoni succeduto dalla regolarizzazione del pagamento d’imposta, sarà garantito inoltre l’anonimato ed escluso ogni accertamento da organi competenti sulle attività patrimoniali anche se di provenienza illecita.

Pertanto l’emersione di questi casi non potrà costituire elemento utilizzabile in altri dibattimenti giudiziari o amministrativi, garantendo uno scudo anche da questo fronte per il malversatore pentito.

Voglio sottolineare in aggiunta a quanto sopra riportato che nello scudo fiscale messo in atto da Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna non era previsto il mantenimento dell’anonimato al fine di far emergere i responsabili della frode ai danni dello Stato.

Traendo le somme, la sensazione che emerge da questo decreto è che si voglia far passare una norma che sana gli illeciti generati dalla detenzione di capitali all’estero senza che le casse dell’erario ne traggano alcun giovamento economico di rilievo, trasformando questo provvedimento in tal modo come slogan per il risanamento del Paese.

Tratto dal sito Agoravox Italia
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