sabato 26 dicembre 2009

Moderazione modello Carroccio


Da giorni assistiamo alla telesfilata di verginelle con fazzoletto o cravatta verde che denunciano pensose i "seminatori di odio" e i "mandanti morali" del folle attentatore di Milano, invitando la sinistra a "moderare i toni". Questi piromani leghisti possono travestirsi da estintori grazie alla generale smemoratezza sul loro recentissimo passato. Il loro enfant prodige, il sindaco di Verona Flavio Tosi, ha una condanna definitiva per istigazione all'odio razziale contro i rom. Il loro veterano, il prosindaco-prosecco di Treviso Giancarlo Gentilini, vanta una condanna in primo grado per lo stesso reato. E il loro ministro dell'Interno Bobo Maroni s'è buscato 4 mesi e 20 giorni di reclusione in Cassazione per aver menato e addirittura addentato agenti della Digos impegnati, nel 1996, in una perquisizione della Procura di Verona nella sede della Lega a Milano. L'intero stato maggiore del Carroccio è finora scampato, grazie a spericolate votazioni immunitarie del Parlamento, a un'altra inchiesta veronese per le bande paramilitari denominate 'Guardia Padana'.

Senza dimenticare le loro parole di affettuosa solidarietà agli sciagurati 'Serenissimi' che sequestrarono un traghetto a Venezia per occupare armi in pugno il campanile di San Marco. Come irenici nemici dell'odio e della violenza, non c'è male. Contro l'allora procuratore capo di Verona, Guido Papalia, che oltre alla tara della funzione giudiziaria ha pure l'origine meridionale, la Lega dell'Amore scaricò una gragnuola di minacce e insulti, culminati il 13 febbraio 2005 in un corteo di 10-15 mila fanatici capitanati dal ministro Roberto Calderoli, agghindato pagliaccescamente in toga. La squisita sfilata urlava "Papalia il tuo posto è in Turchia", "Papalia terrone il tuo posto è in Meridione", "Papalia il più terrone che ci sia". Il tutto condito dal dolce stil novo di Mario Borghezio: "Magistrati facce di merda". Gran finale con falò di immaginarie sentenze e una finta lapide dedicata al procuratore. Vivi applausi dal futuro ministro Luca Zaia ("Papalia si crede Dio"), dal sindaco Tosi ("Chi dice la verità sugli zingari ladri di bambini diventa razzista") e da Bossi ("Gente così dovrebbe essere bandita dalla società civile e non fare più il magistrato"). Papalia fu poi promosso e trasferito a Brescia. Il nuovo procuratore, Mario Giulio Schinaia, fu quasi subito aggredito da una gang di giovani facinorosi, uno dei quali l'accoltellò alla schiena. L'aggressore, 17 anni, appena arrestato dichiarò di odiare il magistrato perché indagava sulle bande giovanili violente di estrema destra. Ora, per Natale, Schinaia ha allestito in Procura un presepe antirazzista, con la Sacra Famiglia di colore. Subito gli son saltati addosso il ministro Zaia ("inutile provocazione") e il prosindaco-prosecco Gentilini ("disprezza il presepe bianco, non è più al di sopra delle parti"). Sono fortunati a essere leghisti: fossero di sinistra, il centrodestra li avrebbe già additati come mandanti morali postumi dell'attentato al procuratore.

di Marco Travaglio

Da l'Espresso del 23 Dicembre 2009

mercoledì 23 dicembre 2009

La nuova frontiera del Litio


La vita dei combustibili fossili ha di fronte a se un futuro a scadenza determinata molto prossima.
Che siano ancora davanti a noi 20 o 30 anni di utilizzo dei derivati del petrolio non è ancora ben chiaro, ma certamente il baricentro e le attenzioni dell’intero mondo dell’industria si sta rivolgendo con un certo interesse altrove lontano dal ‘blasonato’ oro nero, causa di alcuni dei malanni di questo pianeta, di cui il surriscaldamento da CO2 è il principale effetto collaterale.
Grandi nazioni come Stati Uniti e Cina stanno invertendo la rotta, hanno focalizzato che il futuro sta spalancando le porte per l’accesso all’utilizzo delle fonti di energia alternative agli idrocarburi.
Seppur fallimentare l’Accordo di Copenhagen, non gravato di alcun impegno formale in termini di riduzioni nelle emissioni di CO2 da parte degli stati partecipanti, sta entrando in circolo nel pensiero comune dei Governanti di tutto il mondo che la strada verso un nuovo sviluppo sta nella ricerca e nello sviluppo di nuove fonti di energia pulite applicate alla nostra quotidianità.
In particolare in settori strategici come quella del trasporto e degli autoveicoli l’utilizzo di fonti di alimentazione ibrida (idocarburi/elettrico) o solo elettrica sta diventando il target obbligato per una rivoluzione verso uno sviluppo sostenibile in ‘verde’.
Gli interessi di grandi società come Toyota, GM, Fiat e Chrysler focalizzati sull’utilizzo della trazione elettrica per le nuove generazioni di autoveicoli si sta concretizzando con lo sviluppo, l’ingegnerizzazione e l’applicazione delle nuove batterie al Litio.
Questo nuovo target che sta trainando dietro l’automobile altri importanti settori economici dell’industria mondiale, ha fatto lievitare gli interessi verso il Litio (metallo alcalino), materiale che è disponibile in natura legato ad altri elementi.
E’ iniziata quindi la corsa al Litio, in ogni angolo della terra, le grandi multinazionali di estrazione mineraria sono alla ricerca di nuovi depositi inesplorati ed hanno iniziato una gara alla conquista e lo sfruttamento delle miniere già esistenti.
E’ noto che il primo produttore mondiale di questo prezioso materiale è la Bolivia, che detiene circa il 50% dei depositi di Litio ad oggi conosciuti al mondo.
Questo enorme risorsa in mano al povero stato boliviano sta concedendo al presidente boliviano Evo Morales un grande vantaggio, dove le sue ideologie anti-capitalistiche pur in contrasto con le politiche di Stati Uniti e del resto del mondo industrializzato, gli permetteranno di giocare una partita importante nella concessione dei diritti allo sfruttamento minerario alle multinazionali dei metalli.
Dopo la Bolivia nel mondo ci sono altri depositi importanti di Litio in Sud-Africa, Australia, Stati Uniti, etc. che conplessivamente nel 2008 hanno rifornito le aziende produttrici di batterie per un totale di circa 108.000 tonnellate di carbonato di Litio.
Anche la Cina che ha già messo la sua longa manus su buona parte delle risorse energetiche presenti nel continente africano, ha messo a fuoco tra i suoi obiettivi il business del Litio.
Sarà anche qui una lotta tra multinazionali alla conquista di chi controllerà questa nuova era dell’oro?
E’ certo che anche questa nuova frontiera mieterà nuove vittime tra coloro che cercheranno di inchiodare nelle loro mani le sorti del nostro pianeta, soggiogandolo all’utilizzo di quelle tecnologie di cui non si potrà più fare a meno da qui ai prossimi 50 anni.

giovedì 17 dicembre 2009

La politica "violenta" e delle "palle"


Ma cosa è accaduto dopo la deplorevole aggressione a Silvio Berlusconi?



In molti, in tanti, forse tutti, si sono accalcati in questi utimi due giorni alla finestra della "ribalta" per condannare la politica degli oltraggi e delle calunnie, sempre presente nel registro parlamentare degli ultimi mesi.

Ognuno dei rappresentanti di questa politica, che troppo spesso non ci rappresenta, vuol essere partecipe in prima fila e farsi portabandiera nel condannare quello che fino a ieri hanno partorito, e dico fino a ieri, ingoiando o dissolvendo affermazioni di qualche ora precedente. Di destra, di sinistra e anche di centro: ora tutti vogliono scalzarsi di dosso la responsabilità di aver generato quell’aria malsana e nauseabonda che il Paese sta respirando da troppo tempo, generata dalla politica guerrafondaia.

Ora non si trovano più i rei oratori che nella politica romana attaccano da una parte la magistratura e dall’altra le scappatelle del Premier con quell’acredine e barbarie che da troppi mesi ha cominciato ad incrinare e mostrare cenni di cedimento di un squilibrato convivio politico ed istituzionale. Si cerca di tappare una falla che da troppo tempo noi commentatori più o meno silenziosi cerchiamo di denunciare, ma ci voleva un fatto forte, si doveva arrivare dove non pensavamo si dovesse giungere, un inquietante atto di violenza verso il Premier ha fatto sobbalzare tutti dalla sedia.

Ciascuno interiormente avrà concepito il proprio mea culpa, ma solo lì. Fuori, nel confronto con "l’avversario", si continua a scalzarlo coi toni forti, calci e pugni metaforici, violenza senza mezzi termini, questi sono fatti accaduti ieri nel nostro Parlamento.

Ieri ho capito che la volontà di smorzare i toni ed eliminare "l’odio della politica" non c’è da nessuna parte: si continua con il muro contro muro, chi più la dura la vince.

No, signori: qui non è solo Berlusconi che ci ha rimesso, fino ad ora, con il colpo infertogli dal Tartaglia. Ora è l’intero Paese che è vicino all’asfissia per quanto materiale "organico/virulento" sta producendo la politica dei conflitti e della sopraffazione. Come possiamo pensare di avere risultati condivisibili e ponderati da una politica delle urla, dall’ammonimento continuo del proprio avversario politico, dalla deligittimazione fraudolenta dell’altrui operato?

Indirizzo questo mio pensiero scritto a quei rappresentanti della politica "tutta", che nel qualcaso vengano a leggermi sbadatamente, riflettano e scaglino una pietra simbolica contro il sostentamento di questo "regime" pesante, rozzo, conflittuale ad ogni costo, che ha stancato in molti, troppi e tutti quegli italiani che ogni giorno si alzano alla mattina presto e vanno comunque a fare il loro dovere nelle fabbriche e negli uffici e, quando ritornano, ritrovano quel Paese invaso anche da uno "stronzo" uscito dalla bocca al Presidente della Camera o da "un premier con le palle".
Allora, prima di andare a letto, vallo a spiegare ai tuoi figli da dove vengono quelle parole. Loro non ti crederebbero mai!

Da Agoravox Italia

mercoledì 22 aprile 2009

Castello Utveggio


Erano le tre di notte ai primi di marzo di quest’anno, a Palermo. Mi sono svegliato di soprassalto, mi sono alzato e sono andato a guardare, dal balcone al nono piano della casa dove dormivo, il monte che sovrasta Palermo.

Non c’era la luna, non c’erano le stelle, il cielo era nero, ma sulla cima del monte si stagliava un castello.

Emanava un lieve chiarore, come se fosse fosforescente, dotato di una luce propria, forse perché l’ho guardato a lungo tante volte illuminato dal sole, e quell’immagine si è ormai stampata nella mia memoria.

Ogni volta che vado in via D’Amelio, vado vicino all’olivo che mia madre ha fatto piantare nel punto in cui era stata piazzata la macchina piena di esplosivo, nel punto dove sono stati massacrati Paolo e i suoi ragazzi. Alzo gli occhi, lo vedo e sto a lungo a guardarlo.

Chissà se Paolo, prima di alzare il braccio per suonare il campanello del citofono della casa di nostra madre, ha alzato gli occhi e l’ha visto per l’ultima volta. Chissà se anche i suoi ragazzi prima di essere fatti a pezzi l’hanno guardato.

Di certo qualcuno, da una finestra di quel castello, li stava osservando e aspettava il momento migliore per azionare il detonatore.

Di certo Gioacchino Genchi, arrivando in via D’Amelio due ore dopo la strage, ha distolto gli occhi dal tronco di Paolo in mezzo alle macerie del numero 19 di via D’Amelio. Ha distolto gli occhi dai pezzi di Emanuela Loi che ancora si staccavano dall’intonaco del palazzo dove abitava la mamma di Paolo e ha visto quel castello.

Quel castello, l’unico punto, come subito capì, da dove poteva essere stato azionato il comando che aveva causato quella strage. E allora prese l’auto, fece quei pochi chilometri in salita che separano via D’Amelio da quello sperone del Monte Pellegrino, andò davanti al cancello di quel castello e suonò un altro campanello.

Lo suonò a lungo ma nessuno gli aprì nonostante la dentro ci fossero tante persone come poté stabilire qualche tempo dopo, elaborando come solo lui è in grado di fare, i tabulati telefonici dove sono riportati le posizioni e le chiamate dei telefoni cellulari e dei telefoni fissi.

Incrociando quelle telefonate si riescono a stabilire delle verità che nemmeno le intercettazioni sono in grado di fare. Si riesce a sapere che da un certo numero di ville situate sulla strada tra Villagrazia di Carini e Palermo, una serie di telefonate partì per segnalare che Paolo stava arrivando al suo appuntamento con la morte.

Si riesce a stabilire che nei 140 secondi, intorno alle ore sedici, cinquantotto minuti e venti secondi, dell’esplosione che causò la strage, delle telefonate partirono e arrivarono da una barca ormeggiata nel golfo di Palermo per segnalare che Paolo era arrivato al suo ultimo appuntamento e che l’esplosione era stata perfettamente sincronizzata col suo arrivo.

Su quella barca c’era Bruno Contrada ed altri componenti dei servizi segreti civili. Dentro quel castello, insieme a persone che Genchi, con le sue tecniche è in grado di individuare e avrebbe già individuato se non lo avessero subito fermato, c’era Musco, una lugubre figura appartenente ed animatore di logge massoniche deviate, che dovrebbe essere inquisito per tanti elementi che invece, oggi, si trovano solo come spunto nelle sentenze di archiviazione di processi, che non hanno potuto svolgersi.

Forse non si svolgeranno mai, protetti come sono da un segreto di Stato non dichiarato, ma non per questo meno forte, perché retto dai ricatti incrociati basati sul contenuto di un’agenda rossa.

Perché invece di portare avanti quei processi, si emanano sentenze assurde e vergognose come come quella che ha mandato assolto il cap. Arcangioli, l’uomo fotografato e ripreso subito dopo l’esplosione in via D’Amelio, con in mano la borsa di cuoio di Paolo che sicuramente conteneva l’agenda rossa.

Perché invece si svolgere altri processi che vanno a toccare i fili scoperti delle consorterie di magistrati, uomini di governo, massoni e servizi deviati, si massacrano altri giudici, non più con il tritolo, ma con metodi nuovi che non fanno rumore, non fanno indignare l’opinione pubblica, come le bombe che in Palestina amputano gli arti di civili palestinesi senza che venga versato del sangue.

Massacri, vere e proprie esecuzioni davanti a plotoni d’esecuzione composti da altri magistrati, come la decimazione della Procura di Salerno, che vengono presentate da una stampa ormai asservita e pavida di fronte al sistema di potere, con un’ottica completamente distorta e fuorviante.

Perché il pericolo rappresentato da Genchi e dalle sue consulenze in un eventuale processo agli esecutori occulti di questa strage, viene eliminato preventivamentre eliminando la possibilità di un utilizzo delle sue raffinate tecniche d’indagine in grado di inchiodare i responsabili materiali di quella strage.

Almeno fino a quando, e non è impossibile che accada, qualcuno non deciderà che sia necessaria la sua eliminazione anche fisica sfidando le reazioni che questa potrebbe provocare nell’opinione pubblica.

Alla stessa maniera in cui fu sfidata questa reazione quando fu necessario eliminare in fretta Paolo per potere rimuovere del tutto, l’unico ostacolo che si frapponeva al portare avanti un’ignobile trattativa tra mafia e Stato, portata avanti, in prima persona, dai più alti gradi del ROS.

Quella trattativa della quale oggi, punto per punto e in mezzo all’indifferenza e all’assuefazione dell’opinione pubblica, vengono realizzati quei punti, contenuti nel "papello" e che sanciscono la definitiva sconfitta dello Stato di diritto.

Vogliamo anche noi dichiararci sconfitti, vogliamo anche noi chinare il capo e dichiararci servi, vogliamo anche noi rinunciare alla nostra libertà?

Il 19 luglio non è lontano. Prepariamoci.

Quest’anno, da quella via in cui tutto è cominciato alle cinque del pomeriggio di 17 anni fa, dovrà nascere e non dovrà più fermarsi la nostra resistenza.

Non dovrà più fermarsi fino a quando non sarà fatta giustizia, fino a quando quei criminali, che stanno godendo i frutti di quella strage, non saranno spazzati via per sempre.


Tratto da un articolo di Salvatore Borsellino per Agoravox Italia

Esser donna oggi


Vorrei spendere due parole sulla condizione della donna in Italia all’interno della propria sfera di relazioni sociali.



Un argomento molto difficile ed impegnativo per come è difficile inquadrare questo ‘essere umano’ diverso dall’uomo per molte caratteristiche emotive e fisiologiche che non sto qui a riportare, ma esattamente equiparabile ad esso per la sfera psico-emotivo-sociologica.

Proprio perchè diversa dall’uomo, la donna è nello stesso tempo complemento con l’uomo nell’arricchire la variegata fioritura di caratteri e sfaccettature che rendono la vita a due, una realtà in cui vengono saturate tutte le necessità dei due soggetti, dove le risorse accomunate possono assolvere ad ogni compito o funzione necessarie alla realizzazione ed allo svolgimento di una sviluppo sociale all’interno della nostra comunità.

Inoltre tra uomo e donna dovrebbe esistere parimenti una equità in tutti i vari aspetti sociali nel raffronto verso la vita quotidiana, dove sia lui che lei abbiano gli stessi riscontri con il mondo esterno, le stesse valutazioni provenienti dal mondo con cui ci si confronta, le stesse possibilità di crescita, lo stesso peso all’interno di una comune scala dei riferimenti riconosciuta universalmente.

A dar valore e forza al sostegno della donna, che fino qualche decennio fà rimaneva relegata profondamente nella sua ridotta statura sociale, all’ombra dell’indiscussa immagine del maschio repressivo, sono state pensate e messe in atto nella nostra società misure straordinarie che hanno dato alle donne una spinta a risalire la chiglia di questo difficile mondo fortemente maschilista.

Quali sono i problemi della donna che la rendono ancora fragile, in quanto non le forniscono gli strumenti per un confronto paritario rispetto all’uomo?

L’argomento è vastissimo ma cercherò di sintetizzarlo per quanto può essere limitato un foglio di carta su cui scrivere le mie brevi impressioni.

In primis la donna, la casa e la famiglia, è questo l’ambito dove si possono sviluppare ed amplificare le problematiche di costei ed i cui oneri le ricadono totalmente sopra sin dalla notte dei tempi, soprattutto nel momento in cui gli obblighi non le concedono la possibilità di fare libere scelte, come realizzarsi professionalemente con un lavoro o altra aspettativa personale.

La gestione degli oneri all’interno della famiglia, la custodia della casa ed il lavoro, questo è una delle dissonanze che ancor oggi creano disparità, rari sono i casi dell’uomo che custodisce casa e famiglia rinunciando ad una autodeterminazione delle proprie aspettative, purtroppo questo oggi è un dato di fatto scontato per troppi se non per l’intera società.

Poi ci sono gli attriti di coppia, le violenze, le separazioni, la gestione dei figli, il confronto tra religioni diverse all’interno della coppia, etc.

Anche qui si apre un’altro immenso mondo di problemi, in maggioranza dei quali la donna rimane troppo spesso vittima delle azioni e dei soprusi dell’altra metà che è l’uomo con la sua decretata posizione di maggioranza.

Partendo da normali litigi quotidiani si arriva spesso a raggiungere regimi di intollerabilità che scaturiscono nella violenza fisica, psicologica, sottomissioni a sfondo religioso, etc.

Troppo spesso ancor oggi, sentiamo arrivare notizie terrificanti dal ns vicinato fino alle cronache quotidiane, delle multiformi azioni violente portate nei confronti delle donna nello stesso ambito familiare o in rapporti interrotti con separazioni e divorzi che debordano in oppressioni continuative.

Anche qui la nostra società profondamente solidale nel suo profondo, ha generato la nascita di interventi di sostegno come consultori, Telefoni Rosa, Centri antiviolenza, leggi sullo stalking, formazione degli organi di polizia contro la violenza sulle donne etc. risultando quest’ultimi strumenti importanti, ma forse insufficienti a governare queste situazioni familiari complesse che in gran parte dei casi rimangono nell’anonimato e non denuciate come dovrebbero.

Lo stesso mondo del lavoro è un altro aspetto dove la donna si confronta giornalmente con il mondo maschilista e dove ogni attività volta al raggiungimento dei propri obiettivi di crescita nella scala gerachica, le costa mediamente ¼ in più delle risorse necessarie rispetto ad un uomo del suo stesso livello professionale.

Al giorno d’oggi inoltre molti incarichi e funzioni anche se istituzionalmente raggiungibili le sono fondamentalmente negate, vedasi alti incarichi istituzionali o manageriali.

Anche dal versante economico le donne hanno un trattamento mediamente inferiore di qualche punto percentuale rispetto all’uomo, oggi anche questo risulta un’aspetto inaccettabile.

Ed allora come possiamo ancor oggi dichiarare dell’aver consegnato alla donna lo status di parimenti diritti acquisiti nei confronti dell’uomo?

La società odierna è costituita ancora su fondamenta generate essenzialmente per soddisfare le aspettative dell’uomo ed atte a mantenere un distacco con il mondo femminile indefinitamente.

Quanto durerà questo e cos’altro manca per la realizzazione di una reale equiparazione delle aspettative e delle opportunità per l’ emisfero femminile nei confronti dell’altra sponda?

Credo sia tutto nella cultura e nella civiltà dei nostri tempi, ancora non pronta a questo passo soprattutto per mancanza di una preparazione culturale e di una educazione civica che possa mettere un seme da far germogliare in ciascuno di noi sin dall’infanzia, dove uomo e donna sono esseri diversi ma allo stesso tempo equiparabili , di completamento l’uno per l’altro nella sfera psico- affettiva, nei diritti e doveri nel cospetto dell’intera società.

Parte del problema può esser ricondotto anche nella testimonianza che portano i genitori-educatori nei confronti dei figli evitando di riprendere il figlio maschio che gioca con le bambole, inculcando sin dall’infanzia indirizzi un tempo inderogabili per i nostri nonni ed i nostri padri ma oggi profondamente anacronistici.

sabato 31 gennaio 2009

La lucidità intellettuale di Obama


Ci aspettavamo tutti di commentare i primi passi del presidente Barack Obama nell’espletamento del suo incarico.

L’atmosfera non è di quelle migliori, l’aria è rarefatta e pesante sotto gli effetti della crisi Economica che sta mettendo sotto pressione l’attività governativa di mezzo mondo.
Eppure l’apertura e la lucidità intellettuale di questo neo Presidente non vengono minimamente offuscate dai tristi accadimenti.

Una legge importante che mette in evidenza l’attenzione dell’uomo al sociale. Una legge che parifica i trattamenti economici tra uomini e donne nel mondo del lavoro degli Stati Uniti, rendendo giustizia a milioni di donne di quel paese.

La legge è ’intitolata’ a Lilly Ledbetter, una lavoratrice della Goodyear che dopo molti anni di servizio scoprì di ricevere una paga inferiore solo per il fatto di essere donna.
Questo presidente in questo modo prende in mano e mostra all’intero mondo che una società è composta dalla gente comune, ed affrontando i problemi di costoro si raggiungono obiettivi di vasta portata.

Un messaggio intelligente, il primo messaggio che manda il presidente Obama e che rispecchia un animo aperto al sociale.

Ci auguriamo tutti che il suo pensiero faccia da cassa di risonanza verso quelle democrazie che hanno bisogno di uscire dal guado.

giovedì 22 gennaio 2009

Carlo Vulpio: "Più che un inviato, un sorvegliato speciale"


Intervista esclusiva a Carlo Vulpio, il giornalista del Corriere della Sera che ha seguito le inchieste del pm Luigi De Magistris.

Sig. Vulpio,
Sembra impossibile fare chiarezza sulla vicenda De Magistris.
Dopo l’avocazione delle sue inchieste ed il trasferimento chiesto dall’allora ministro della Giustizia Mastella e ratificato dal Csm, adesso si punisce la Procura di Salerno. Come spiega questo continuo accanimento?


La vicenda che riguarda De Magistris, e che ha riguardato la Forleo, è chiara. Anzi, chiarissima, per chi abbia saputo e voluto leggerla. Tanto è vero che adesso lo stesso accanimento – come lo definisci tu – si è riversato sui magistrati di Salerno. A me il motivo appare semplice: bisogna bloccare inchieste che altrimenti porterebbero lontano, evitare un effetto-domino pericoloso (pericoloso per chi potrebbe risultarne coinvolto, è ovvio).


Si è molto parlato nelle scorse settimane di “guerra tra procure”. In realtà la procura di Catanzaro ha trasgredito le regole, ordinando il contro-sequestro degli atti di “Why Not” chiesti legittimamente da Salerno, che ha competenza territoriale. Il decreto di perquisizione è stato anche confermato dal Tribunale del Riesame. Se i fatti sono questi, perché continuano a raccontarci balle?

Più che raccontar balle, o soltanto balle, mi pare che ormai siamo alla fase del “raccontar niente”. Della decisione del tribunale del Riesame (tre giudici), che ha confermato la correttezza del decreto di sequestro emesso dai pm di Salerno, non ha dato notizia nessuno. Non un tg Rai-Mediaset, non un giornale radio, non un quotidiano che fosse uno. Eppure è sulla base di quel decreto di sequestro, che il ministro Alfano giudica “abnorme” (pur non potendo egli dare di questi giudizi, poiché non rientra nei suoi poteri), che si vogliono trasferire i pm salernitani Apicella, Nuzzi e Verasani. Cosa fanno adesso? Chiedono di trasferire anche i giudici del Riesame che hanno confermato quel provvedimento definito “abnorme”?

L’Anm e il Csm, che in passato hanno reagito con coraggio quando dalla politica si sferravano attacchi alla magistratura, su De Magistris, all’epoca del governo Prodi, ed anche adesso sembrano così “timidi”. Il segretario dell’Anm Cascini ha addirittura avvallato le posizioni del ministro Alfano, e quasi nessuno ha preso le difese del collega De Magistris. Come se lo spiega?

L’Anm e il Csm non sono “timidi”. Sono pienamente in linea con i loro mandanti politici. Ergo, la lotta politica-magistratura è solo uno stereotipo, una finzione. Questa politica e questa magistratura sono alleati contro quella parte di magistrati che ancora fanno il proprio dovere e che ancora difende i princìpi costituzionali.

Lei ha seguito fin dall’inizio le inchieste di De Magistris per il Corriere della Sera, muovendosi tra la Calabria e la Basilicata, dove è ancora in corso l’indagine “Toghe lucane”. Ha scritto anche un libro: “Roba Nostra”.
Qualche giorno dopo le arriva però una chiamata del suo direttore…
Ce la può raccontare?


C’è poco da raccontare. Un direttore ha il potere di richiamare in sede un giornalista. E così è accaduto a me. Dopo il mio ormai noto articolo del 3 dicembre 2008, la sera stessa, sono stato “sollevato dall’incarico”. Senza una motivazione, non c’è bisogno di motivazioni in questi casi. E infatti, se ce ne fosse una – magari comunicata per iscritto, supponiamo -, sarebbe anche più semplice contestarla nel merito. Invece se non c’è motivazione è tutto più facile.


E’ vero che l’hanno accusata di far parte di un complotto di diffamazione “a mezzo stampa”? Di che cosa si tratta? Sembra un reato molto “atipico”.

Assieme ad altri quattro giornalisti e al capitano dei carabinieri che collaborava con il pm de Magistris sono stato accusato, e lo sono ancora (le indagini hanno “goduto” della quarta proroga!), di una figura di reato mai concepita dall’Unità d’Italia in poi: “associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa”. Un reato fantascientifico, persino ridicolo, che tuttavia ha consentito ai magistrati inquisiti della procura di Matera di mettere sotto controllo i nostri telefoni e di spiare, attraverso le intercettazioni, sul telefono del capitano dei carabinieri, cosa facesse de Magistris su di loro. Gli indagati si sono trafromati in indagatori dei loro indagatori. Come, di fatto, è poi accaduto a Catanzaro, ai danni dei magistrati di Salerno. L’esperimento era riuscito a Matera ed è stato perfezionato a Catanzaro.

Di recente sulla prima pagina del Corriere è apparso un suo articolo sul crollo di una palazzina a Bari. La vedremo ancora occuparsi di inchieste “scottanti”?

Non lo so. Non credo. La palazzina crollata, per carità, è un fatto grave. Ma è altro rispetto a ciò di cui stiamo parlando. Qualcosa mi dice che se prima venivo “tenuto a bada” in occasione di inchieste e vicende “scottanti”, adesso lo sarò ancora di più. Se sono percepito come “pericoloso” per Why Not, perché non dovrei esserlo per cose analoghe? Che so, per le tangenti napoletane, abruzzesi, o altre vicende siciliane e calabresi, o romane e milanesi? E infatti, da questa “area tematica” vengo tenuto a distanza. Diciamo che ci si sta applicando per farmi sentire, più che un inviato, un sorvegliato speciale.

Tratto dall'articolo di Elia Banelli su Agoravox:
http://www.agoravox.it/Carlo-Vulpio-piu-che-un-inviato-un.html

sabato 17 gennaio 2009

Una bambina senza piedi


Per un momento suppongo che il mio cuore abbia avuto un sussulto oppure credo si sia fermato per un istante o più.
Anche nelle mie vene il sangue sembra aver subito un abbassamento della temperatura, visto il brivido che mi ha attraversato la schiena.
Il cuore il mio organo generatore di vita è stato pervaso da un sentimento di disprezzo, anche lui ha capito.
Un sentimento di disprezzo e dolore per quanto accade oggi 17 Gennaio 2009.
I miei occhi hanno puntato dritto all’immagine, il mio sguardo ha compenetrato e sottoposto ai raggi X quella foto per estrarne tutti i dettagli.
Una bimba, la gioia di quei genitori sfortunati di vivere e morire a Gaza, distesa tra le braccia di un uomo forse il papà, colpita e dilaniata da qualche ordigno destinato ai maledetti uomini di Hamas persecutori della propria gente.
Il suo vestito viola indossato per rendere una triste giornata di guerra un po’ più colorita è tutto intriso di sangue, che ne spegne la sua colorata vivacità.
Il suo viso da angelo che ha raggiunto la pace eterna, coperto del proprio sangue ancora caldo ed ormai fermo sulla sua pelle.
Il suo bellissimo corpicino di bimba figlia di un uomo e di una donna palestinese, moncato dalle ginocchia in giù, senza appello e possibilità di tornare a correre.
Un lembo di un piede penzolante opera di macellai o assassini, fino a qualche ora prima esprimeva tutta la gioia di vivere in una corsa verso la libertà di essere bambini, anche in un posto di guerra.
Dettagli crudeli, inguardabili, intrisi di sangue e devastazione, dolore e dannazione per quanto viene giù dal cielo.
Si perché dal cielo non cadono solo le stelle nelle notti d’estate, ma anche le dannate bombe cariche di devastazione.
Nel cielo non passano unicamente il sole, la luna e le stelle, ma anche quegli stramaledetti bombardieri dell’aviazione israeliana.
Ma i bambini di Gaza continuano a correre e giocare come di loro competenza.
Non hanno nei loro pensieri l’odio per un altro uomo o la volontà di sopraffazione verso un altro bambino.
Ma qualcuno di questo non se ne cura.
Le bombe, i missili, le mitragliatrici, non guardano in faccia a nessuno.
300 o 400 bambini trucidati dalle bombe sono troppi, ma anche 1 soltanto è un azzardo, è il risultato di un’assurda volontà di sopraffazione verso l’uomo che non porta a nulla, e non gioverà ad alcuno.
Quanti genitori trafitti dal dilaniante dolore della guerra per la perdita di un figlio dovremo ancora avere?
Avete mai pensato di essere in grado di sopportare il dolore per la perdita di un figlio a cui è stata volontariamente tolta la gioia di vivere?
Qualcuno crede ancora che questa sia la soluzione finale delle liti tra Israele e Palestina?
Nelle strade di Gaza sta ‘sbocciando’ solo odio verso l’altro popolo d’Israele.
Si stanno acuendo i rancori che anche l’uomo più pacifico aveva messo a chetare, ma che la perdita di un figlio farà certamente rigenerare nel proprio conscio.
Odio e dolore generano anch’essi odio, nulla di diverso.
Una catena senza fine che porterà per anni tristezza e disperazione tra i due popoli in combutta e con vasta contaminazione degli animi in tutto il medio oriente e nel mondo intero.
Ai bambini gioia delle nostre vite, pensiamo anche a loro e per una volta ancora, fermiamo questa guerra che sta inondando di sangue Gaza ma tutto l’occidente che per ora rimane a guardare.
Scusate ma non è solo retorica è il brevissimo costrutto di un sentimento che vuol fuggire dal mio cuore.
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