giovedì 18 marzo 2010

Crisi economica:Chi verrà dopo la Grecia?


Dopo essersi infrantosi con un pesantissimo epilogo, l’equilibrio economico della Grecia sembra aver toccato il punto più basso del recente passato.



Adesso la nazione sotto le mani del Premier Papandreu, soggiogata da un pesantissimo debito pubblico che si attesta intorno ai 298 miliardi di euro, si appresta ad affrontare una dolorosa stagione di sacrifici e rinunce a partire dall’intero apparato dello Stato sottoposto ad una rigida cura ricostituente.

Insomma tutta la nazione dovrà contribuire al recupero di quelle risorse che nel corso degli anni sono state dilapidate dal gioco sporco della politica e della malsana amministrazione, complici entrambe dello sfaldamento dell’apparato di controllo statale.

La difficile attività di cui dovrà farsi carico Papandreu sarà giocata all’interno del suo paese ma anche all’interno del fitto scambio di relazioni che dovrà tessere il premier greco nell’ambito europeo al fine di trovare sostegni economici nel qual caso non dovesse riuscire a rifinanziare il proprio debito al rinnovo dei titoli di Stato in scadenza tra qualche settimana.

Osservando quanto accaduto a questa nostra consorella "Europea" mi viene spontaneo pormi una domanda.

Dopo la Grecia potrà accadere a qualcun altro stato dell’Eurozona di raggiungere una situazione economica di tale costituzione e drammaticità, soprattutto in questo momento in cui gli effetti della crisi stanno dettando le politiche economiche di salvataggio e di contenimento dei danni?

In coda alla Grecia a rischio ‘default’ troviamo, anche per gli effetti deleteri della crisi economica, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e non escluderei anche il nostro paese marcato a vista oltre oceano da osservatori integerrimi.

Per il nostro paese nonostante l’attuale Governo e parte del mondo economico dia all’esterno garanzie di solidità e tranquillizzanti messaggi distensivi sulla tenuta del nostro sistema economico/finanziario, troviamo dati statici di tutt’altra fattezza.

Il debito pubblico di poco sotto i 1800 miliardi di Euro che stabilizza un rapporto debito PIL intorno al 115% (dato ingigantitosi negli ultimi anni), una disoccupazione salita al di sopra dell’8% ed un PIL che ha fatto registrare nel 2009 una flessione del 5,1% non fanno di certo star tranquilli gli economisti avveduti.

Ad accentuare la difficile situazione del nostro paese troviamo una diminuzione congiunturale del Pil dell’ultimo trimestre 2009 dello 0,2%, mentre negli USA c’è stata una crescita dell’1,4% , in Giappone un +1,1%, in Francia un +0,6%, nel Regno unito un +0,3%.

Il confronto con gli altri paesi che hanno già da tempo invertito il senso di marcia verso la crescita economica, ci dà la misura della pesantezza e delle difficoltà che incontra la nostra ferruginosa macchina ‘Italia’ a riprendere il passo delle altre.

Questi dati seppur bilanciati da un sostanzioso ‘gruzzolo’ costituito dal risparmio privato in mano agli italiani e dalle previsioni di crescita del PIL nel 2010 di un risicato 0,9/1,0%, non possono farci ben sperare e dimenticare previsioni nebulose per l’intero sistema Italia, sballottato all’interno di un contenitore Europeo che sotto gli effetti della crisi ha trasformato i suoi aderenti in soggetti egoisti attenti esclusivamente a curare le proprie ferite.

In queste condizioni pur evitando le sorti della Grecia, attraverseremo un pesantissimo 2010, con grossa difficoltà si riuscirà a mantenere una previsione di crescita economica dell’1% e verrà presentato come al solito il conto della crisi ancora una volta ai lavoratori italiani che sosterranno di tasca loro la macchina ‘mangiasoldi‘ dello Stato, in quanto l’attuale classe politica ha dimostrato di non avere gli strumenti per portare avanti profonde riforme atte alla modernizzazione dello Stato e della sua struttura funzionale.
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