lunedì 15 settembre 2008

Il riflesso del conflitto georgiano verso il Sudamerica


Siamo nel bel mezzo di una situazione internazionale che sta nuovamente tornando in ebollizione come anni addietro.

Tra Usa e Russia stanno ripartendo ‘i bollori’ di un tempo detta con termini popolari.

Dopo 18/19 anni di calma quasi piatta, molteplici eventi geo-politici stanno facendo riemergere situazioni emotive da guerra fredda.

Molteplici eventi da Agosto ad oggi hanno accelerato e dato un impennata al raffreddamento dei distesi rapporti fino ad oggi costruiti tra Russia e occidente con Comunità europea e Stati Uniti.

Dall’08/08/08 data ufficiale dell’invasione da parte delle forze militari di Tblisi verso la capitale Tskhinvali dell’Ossezia del sud, si è aperto il primo scontro mediatico diretto tra il Cremlino rappresentato dal presidente russo Medvedev ed i rappresentanti governativi degli Stati Uniti ed Unione europea.

Scambio di accuse durissimo da ambo le parti con la Russia che si è giustificata ritenendo questo intervento necessario.

Queste le parole del primo ministro Putin : “Quando un avversario viene nel tuo territorio, tu devi colpirlo in faccia, un aggressore deve essere punito”, affermazione da gergo militaresco.

Putin ha anche accusato gli Stati uniti di essersi intromessi cercando di estendere la propria influenza nel Caucaso senza aver chiesto il punto di vista della Russia.

La Russia tramite il suo presidente Dmitry Medvedev ha inoltre accusato gli Stati Uniti di aver aiutato Tblisi a costruire la sua macchina da guerra e preso contatti con le autorità per rinforzare le relazioni con le Georgia.

In questo frangente Mosca ha anche ammonito i paesi della Nato che le forze militari russe potrebbero essere rafforzate nel Mar nero in conseguenza di una crescita in quella zona delle forze Nato, dopo l’ingresso dallo stretto dei Dardanelli di due navi militari statunitensi che stanno ‘soggiornando’ nel Mar Nero.

L’Unione europea da parte sua dopo le affermazioni di Mosca ha deciso di sospendere le relazioni diplomatiche con la Russia fino al definitivo ritiro delle truppe di Mosca, d’altra parte però l’unione non è stata in grado di decidere e attivare sanzioni verso Mosca, mostrando la sua ben nota caratura politica.

Successivamente sono sopraggiunti una serie di interventi di distensione da parte del nostro primo ministro Berlusconi verso il presidente Dmitry Medvedev e del presidente francese Nicolas Sarkozy quale presidente di turno dell’Unione europea con cui il 12/08/08 è stato raggiunto un accordo per il fermo dell’intervento militare che prevedeva i seguenti punti da attuare:

a) Non ricorso alla forza.
b) Cessazione immediata di tutte le ostilità.
c) Libero accesso agli aiuti umanitari.
d) Ritorno delle forze armate georgiane alle postazioni permanenti (caserme).
e) Ritiro delle forze russe alle posizioni precedenti al conflitto. Per la creazione di meccanismi internazionali, le forze di interposizione russe prendono misure supplementari di sicurezza.
f) Inizio di un dibattito internazionale sul futuro status di Ossezia del Sud e Abkhazia, e dei mezzi per garantire stabilità e sicurezza.

Da parte del governo Usa in una prima comunicazione ufficiale si è voluta mostrare tolleranza esternando che non è iniziata una nuova guerra fredda tra l’Occidente e la Russia, come riportato dal segretario di stato Usa Condoleezza Rice durante la sua visita in Europa.

Gli Usa tramite Condoleeza Rice hanno anche annunciato aiuti per 1 milione di $ per le opere di ricostruzione dopo il conflitto, facendo irritare i dirigenti russi.

Dagli Usa invece la Palin vice di mcCain, ha effetuato una non provvidenziale uscita concedendo un’intervista alla Abc News, mandando un esplicito avvertimento alla Russia: ‘Gli Stati Uniti vogliono l’estensione della Nato ad altri paesi ex sovietici e se l’esercito di Mosca dovesse invadere di nuovo la Georgia, siamo pronti a un conflitto armato, come previsto dal regolamento dell’alleanza atlantica.” Questa sarebbe la continuità che si darebbe al governo Bush nel qual caso vincessero le elezioni presidenziali i repubblicani.

L’intervento di Barack Obama molto più accomodante e razionale ha evidenziato l’inaccettabile violazione dei confini di una nazione indipendente avvenuta da parte della Russia, ma con ciò bisogna instaurare una discussione tra le parti e l’inserimento di mediatori internazionali di alto livello, onde evitare una escalation militare.

A questo punto l’Europa rimane a guardare, vedremo i prossimi eventi da parte della Russia e della Georgia, dove ormai si è creato un altro punto caldo e strategico da tenere sottocontrollo per l’unione Europea, in quanto può determinare gli equilibri strategici militari di mezzo mondo.

Da qualche giorno sta emergendo un altro focolaio distante 10.000 km da Tblisi, ma che promette un bel da fare per i diplomatici di una parte del continente americano tra cui gli Stati Uniti.

La Bolivia del presidente Evo Morales in combutta con i suoi antagonisti politici che gli stanno mettendo a ferro e fuoco molte città, ha espulso l’ambasciatore statunitense con sede a LaPaz accusando gli ‘Yankees” di fomentare la rivolta interna boliviana.

Anche Honduras e Venezuela trainate dalle parole del sue presidente Hugo Chavez ha espresso solidarietà alla Bolivia ed ha espulso a sua volta l’ambasciatore statunitense, minacciando una sospensione dei rifornimenti petroliferi agli Stati Uniti.

Ricordo che il Venezuela è uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio ed appartiene alla organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC).

A questo punto voglio esprimere un mio personale giudizio che esattamente dopo un mese dai fatti della Georgia, quanto sta accadendo da quest’altro versante del mondo cioè quello Americano non è assolutamente slegato dagli accadimenti di Tblisi.

La Russia si stà togliendo qualche sassolino dalle scarpe, attraversando l’oceano Atlantico ed andando ad infastidire gli Stati Uniti questa volta vicino casa.

Questa volta la mano è quella del Venezuela, Bolivia ed Honduras, ma sappiamo che tra questi nazioni e la Russia corre buon sangue.

Tanto che anche il presidente Chavez ha dato un avvertimento agli USA segnalando la presenza di due bombardieri Russi TU-160, una delle più avanzate fortezze volanti dei russi, commentando e rimarcando di essere un alleato strategico della Russia.

Insomma anche qui vedremo presto l’evolversi di una situazione ormai esacerbata da anni di continui battibecchi ed attacchi diplomatici tra gli Usa ed i paesi sudamericani.

Da qui in avanti pertanto potremo aspettarci distensione o probabilmente un escalation di eventi politici e diplomatici di ampio raggio tra nord e sud del continente americano.

Mi ripropongo comunque di ritornare presto ad approfondire questo argomento animato da questo intenso scontro politico internazionale.

sabato 13 settembre 2008

Darfur:perchè milioni di civili valgono meno del petrolio?

I fatti si svolgono nel Darfur regione del Sudan grande una volta e mezza l’Italia situata ad ovest, al confine con il Ciad con poco più di 4 milioni di abitanti.

Sin dai primi anni ’80 una guerra fratricida si combatte nel cuore dell’Africa generando in questo lungo trascorso uno dei più pesanti disastri umanitari della storia.

In questa questa regione il territorio è costituito da deserto a nord, montagne al centro e savana a sud, caratterizzandolo come un territorio povero per ogni attività agro alimentare.

Le popolazioni di questa regione sono per il 60% di origine musulmana e costituite da molteplici gruppi etnici dislocati sul territorio.

Nel centro della regione sono stanziate le etnie animiste Fur, Masalit, Berti,Bargu, Bergid, Tama e Tunjur che vivono principalmente di agricoltura e pastorizia, nel nord del paese sono presenti i gruppi etnici musulmani Zaghawa e Bedeyat essenzialmente popolazione nomade e errante nel deserto ed allevatori di bestiame da pascolo e cammelli.

L’inizio di questo conflitto etnico ha avuto 2 principali cause che agli inizi degli anni ‘80 hanno fatto da detonatore all’esacerbazione del conflitto.

Il primo evento è scaturito dalle tensioni storiche tra le due principali etnie della regione, gli Zaghawa di origine musulmana ed i Fur popolo che dà il nome alla regione (Darfur = dimora dei Fur), antagonisti da sempre che in quegli anni si rivaleggiarono con le prime guerriglie fratricide .

Ad alimentare ulteriormente questo conflitto furono i venti di guerra portati dai guerriglieri ed i profughi provenienti dalla guerra in atto nello stato del Ciad confinante con questa regione.

Il secondo fattore scatenante fù, a partire dal 1984 fino ad oggi, l’intensificarsi di fenomeni di siccità causata dalla continua diminuzione delle piogge che impoverendo i già esigui raccolti dell’agricoltura ne hanno quasi eliminato i pochi benefici. A deteriorare ulteriormente la già impoverita agricoltura furono fenomeni di devastazione alle coltivazioni portati da infestazioni parassiti.

Di fronte a questi eventi il governo di Kartoum sin da quegli anni fallì l’opera di fronteggiare la catastrofica situazione sociale ed economica che colpì la popolazione del Darfur che prosegui negli anni a venire, facendo inoltre mancare alle popolazioni impiegate in agricoltura necessarie fonti di sostegno e supporto economico.

Già da metà degli anni ’80 fino agli anni ’90 il gruppo dei Fur ha sempre denunciato violenze e persecuzioni indicandone responsabile il loro gruppi rivali incoraggiati ed armati dal governo centrale di Kartoum.

Questa pesante situazione sociale, economica e sanitaria ha spinto la popolazione maschile in particolare ad abbandonare la regione per trovare impieghi più fruttuosi altrove abbandonando donne e bambini nei villaggi.

Il conflitto riprese vigore a partire dal Febbraio 2003 quando il nuovo movimento FLD (fronte di liberazione del Darfur) questa volta formato dai Fur riunitosi insieme a parte del gruppo Zaghawa, decise di ribellarsi alle sopraffazioni dell’esercito di Kartoum che si presentava nelle spoglie delle milizie a cavallo denominate Janjaweed. Costoro per anni sono stati artefici di violenza e barbarie portate alla popolazione con l’appoggio del governo centrale per tentare di sopraffare i gruppi rivoluzionari del Drafur.

Da quella data in avanti una serie interminabile di scontri e vere situazioni di guerra si sono succedute nelle località di Golo, al Fashir, Kutum, etc. fino ad arrivare ai giorni nostri.

Nel 2004 si arrivò vicino ad una tregua tra il governo del Sudan e i vari movimenti rivoluzionari ma anche qui alcuni gruppi non firmarono il trattato che prevedeva il fermo delle ostilità, facendo così saltare l’accordo e riavviare le azioni di guerra.

Altro accordo di pace sottoposto alle parti nel Maggio del 2006 e supervisionato da Stati Uniti ed Unione Africana, fu sottoscritto dalle parti, ma anche qui a partire da Agosto di quell’anno riprese il conflitto mietendo vittime fino ad oggi.

In questi 25 anni di guerra la nazione, ma in particolare questa regione del darfur, sono state dilaniate dalle morte, dalle violenze su donne e bambini, dalla distruzione di intere etnie.

L’impotenza dello stato centrale ad affrontare l’ormai incontrollata situazione delle regioni in guerra, ha portata ad uno stato di anarchia assoluta dove si è consentito ai numerosi gruppi rivoluzionari di spadroneggiare e decidere della sorte di centinaia di migliaia di esseri umani.

Ad oggi fonti ufficiali stimano che il conflitto abbia generato direttamente o indirettamente circa 300.000 morti, addirittura qualcuno stima 450.000 morti.

Gli sfollati si aggirano sui 2, 5 milioni di persone residenti nel Sudan emigrati nelle regioni e nazioni circostanti.

La concomitanza della siccità, della scarsità di cibo e della carestia che ha raggiunto gran parte della regione ha creato gravi emergenze sanitarie per gli sfollati presenti nei campi profughi esistenti, creando anche lì realtà allucinanti al di fuori di ogni estrema ratio.

Il governo di Kartoum incapace di arginare una catastrofe di carattere mondiale, forse la più grande della storia si è reso partecipe dell’accaduto come attore primario del genocidio in atto, assoggettandosi ai gruppi rivoluzionari musulmani.

Le forze di sostegno alla grave situazione del Paese inviate ufficialmente dall’Onu sono di gran parte fornite dall’Unione Africana che con circa 7.000 uomini non riescono ad arginare le violenze in atto nel paese.

Da parte degli enti umanitari governativi e non governativi presenti nel paese (Unicef, Croce rossa internazionale, etc), si cerca quotidianamente di portare sostegno economico, sanitario, umanitario alle popolazioni colpite.

Ad oggi questi aiuti umanitari fanno grossa difficoltà a raggiungere le popolazioni in quanto molte aeree del Darfur e del Sudan sono ancora sotto lo scacco della guerra civile.

Vista l’imponenza e la gravità della situazione sanitaria ed alimentare questi aiuti risultano totalmente insufficienti a soccorrere le popolazioni e coprire l’ampio raggio raggiunto dalla guerra e dalla calamità.

Dati dell’Unicef riportano di circa 75 bambini sotto i cinque anni che ogni giorno perdono la vita per infezioni e malattie.

Finalmente a Luglio del 2008 il tribunale internazionale dell’Aja presentando i dati di un’inchiesta sul conflitto del Darfur ha formulato i seguenti capi d’accusa verso il presidente sudanese Omar al-Beshir: genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nella regione.

Cosa potrà portare questo intervento tradivo e di poca efficacia per le popolazioni bisognose di tutt’altro supporto?

Di fronte ad una tragedia di questa portata, il resto della comunità internazionale, tra cui Stati Uniti ed Unione Europea non hanno mai realizzato interventi concreti di sostegno alla popolazione del Darfur.

Mi chiedo allora il perché ci si incaponisca a mantenere vivo così a lungo un intervento di peace-keeping in Afghanistan o Iraq, mentre una situazione umanitaria contingente dieci volte più disastrosa non meriti un intervento forte da parte delle nazioni occidentali.

Questa purtroppo non è una zona che strategicamente possa dare vantaggio di alcun genre a qualcuno, in quanto probabilmente qui non ricadono interessi economici rilevanti.

E’ triste ristringere la conclusione ad un così limitato pensiero ma la realtà oggi è questa.

Milioni di vite umane non valgono più o quanto il controllo del petrolio?
Forse per qualcuno no!

mercoledì 10 settembre 2008

Ritorna l' 11 Settembre

Come di consueto c'è sempre un 11 settembre che ritorna!
Mai come da 7 anni a questa parte questa data è vissuta come un limite, una frontiera da oltrepassare, una giornata ombrosa da superare con il fiato sospeso ...
Inutile ricordare il dramma che ha sconvolto mezzo mondo, risulterebbe scontato e noioso, anche se lo faranno in molti...
Voglio cogliere questo anniversario come una buona opportunità per chiunque voglia farlo.
Vorrei che questa data ci facesse riflettere su cosa eravamo prima dell'11/09/01 e come ci siamo trasformati qualche tempo dopo...
Si, forse non ve ne sarete accorti ma qualcosa dentro di noi è cambiato...
Avevamo sempre creduto che le conquiste dell'occidente, i ns diritti, la ns sicurezza di cittadini in un mondo molto evoluto, le grandi città, tutte le ns conquiste civili potessero esistere e rimanere per sempre, consolidarsi nel tempo.
Purtroppo questo oggetto di cristallo si è rotto, i suoi frantumi li sentiamo ancora oggi infilatisi in qualche angolino delle ns scarpe, dandoci noia di tanto in tanto.
Allora visto che quello in cui credevamo, o meglio che ci avevano fatto credere sulla immortalità delle ns conquiste di normali cittadini non è mai stato vero propongo di cambiare.
Proviamo a cogliere questo avvenimento e trasformiamolo in opportunità di cambiamento.
Pensiamo in modo diverso.
Proviamo a progettare la ns vita programmandola ed indirizzandola verso quello che veramente ci piace, non per quello che la società ed i media vogliono che ci piaccia.
Invece dell'acquisto dell'I-phone forse val la pena trascorrere un week-end con gli amici . .
oppure invece di indebitarsi per l'acquisto del Porsche Cayenne e fare ogni giorno un bel figurone in pubblico, proviamo a dar valore a qualcosa che potrebbe aiutare chi vive una vita meno dignitosa di noi.
Rivediamo i ritmi di questa vita 'spericolata' condotta quotidianamente al limite delle ns forze, riscoprendo il godere delle bellezze che abbiamo intorno e nelle nostre famiglie.
I nostri figli crescono una sola volta e poi non tornano più indietro allora godiamoceli.
La nostra compagna anche lei ha il diritto di vivere con un uomo che ne valorizzi i suoi pregi e difetti con orgoglio.
Comportiamoci per quello in cui crediamo, non per quello che gli altri ci impongono o per la credenza popolare.
Non debbo vergognarmi se sono musulmano e mi fermo a pregare in mezzo ad un prato,
non debbo vergognarmi se la natura mi ha costretto ad andare su una sedia rotelle per il resto della mia vita,
anche se sono vecchio, curvo e cammino male ho diritto di stare tra la gente come gli altri,
se la mia squadra di calcio ha perso una partita con onore o con disonore ed esco dallo stadio ho diritto di starmene tranquillo senza essere malmenato,
se mio padre è un alcolizzato non devo essere additato e lasciato in disparte a scuola o con i miei amici,
se io fossi ...
se ...

insomma è arrivato il momento di provare a cambiare, ripensiamo indietro di qualche anno, facciamo tesoro di quello che è accaduto l'11/09, cominciamo tutti insieme ad agire per qualcosa che ci dia una gioia interiore e forse così cambiando un pò alla volta si genererà una goccia che versata nell'oceano innescherà un nuovo Big-Bang . . .
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