Le miei valutazioni sugli accadimenti del mondo. Sensazioni, vizi e virtù.
giovedì 22 gennaio 2009
Carlo Vulpio: "Più che un inviato, un sorvegliato speciale"
Intervista esclusiva a Carlo Vulpio, il giornalista del Corriere della Sera che ha seguito le inchieste del pm Luigi De Magistris.
Sig. Vulpio,
Sembra impossibile fare chiarezza sulla vicenda De Magistris.
Dopo l’avocazione delle sue inchieste ed il trasferimento chiesto dall’allora ministro della Giustizia Mastella e ratificato dal Csm, adesso si punisce la Procura di Salerno. Come spiega questo continuo accanimento?
La vicenda che riguarda De Magistris, e che ha riguardato la Forleo, è chiara. Anzi, chiarissima, per chi abbia saputo e voluto leggerla. Tanto è vero che adesso lo stesso accanimento – come lo definisci tu – si è riversato sui magistrati di Salerno. A me il motivo appare semplice: bisogna bloccare inchieste che altrimenti porterebbero lontano, evitare un effetto-domino pericoloso (pericoloso per chi potrebbe risultarne coinvolto, è ovvio).
Si è molto parlato nelle scorse settimane di “guerra tra procure”. In realtà la procura di Catanzaro ha trasgredito le regole, ordinando il contro-sequestro degli atti di “Why Not” chiesti legittimamente da Salerno, che ha competenza territoriale. Il decreto di perquisizione è stato anche confermato dal Tribunale del Riesame. Se i fatti sono questi, perché continuano a raccontarci balle?
Più che raccontar balle, o soltanto balle, mi pare che ormai siamo alla fase del “raccontar niente”. Della decisione del tribunale del Riesame (tre giudici), che ha confermato la correttezza del decreto di sequestro emesso dai pm di Salerno, non ha dato notizia nessuno. Non un tg Rai-Mediaset, non un giornale radio, non un quotidiano che fosse uno. Eppure è sulla base di quel decreto di sequestro, che il ministro Alfano giudica “abnorme” (pur non potendo egli dare di questi giudizi, poiché non rientra nei suoi poteri), che si vogliono trasferire i pm salernitani Apicella, Nuzzi e Verasani. Cosa fanno adesso? Chiedono di trasferire anche i giudici del Riesame che hanno confermato quel provvedimento definito “abnorme”?
L’Anm e il Csm, che in passato hanno reagito con coraggio quando dalla politica si sferravano attacchi alla magistratura, su De Magistris, all’epoca del governo Prodi, ed anche adesso sembrano così “timidi”. Il segretario dell’Anm Cascini ha addirittura avvallato le posizioni del ministro Alfano, e quasi nessuno ha preso le difese del collega De Magistris. Come se lo spiega?
L’Anm e il Csm non sono “timidi”. Sono pienamente in linea con i loro mandanti politici. Ergo, la lotta politica-magistratura è solo uno stereotipo, una finzione. Questa politica e questa magistratura sono alleati contro quella parte di magistrati che ancora fanno il proprio dovere e che ancora difende i princìpi costituzionali.
Lei ha seguito fin dall’inizio le inchieste di De Magistris per il Corriere della Sera, muovendosi tra la Calabria e la Basilicata, dove è ancora in corso l’indagine “Toghe lucane”. Ha scritto anche un libro: “Roba Nostra”.
Qualche giorno dopo le arriva però una chiamata del suo direttore…
Ce la può raccontare?
C’è poco da raccontare. Un direttore ha il potere di richiamare in sede un giornalista. E così è accaduto a me. Dopo il mio ormai noto articolo del 3 dicembre 2008, la sera stessa, sono stato “sollevato dall’incarico”. Senza una motivazione, non c’è bisogno di motivazioni in questi casi. E infatti, se ce ne fosse una – magari comunicata per iscritto, supponiamo -, sarebbe anche più semplice contestarla nel merito. Invece se non c’è motivazione è tutto più facile.
E’ vero che l’hanno accusata di far parte di un complotto di diffamazione “a mezzo stampa”? Di che cosa si tratta? Sembra un reato molto “atipico”.
Assieme ad altri quattro giornalisti e al capitano dei carabinieri che collaborava con il pm de Magistris sono stato accusato, e lo sono ancora (le indagini hanno “goduto” della quarta proroga!), di una figura di reato mai concepita dall’Unità d’Italia in poi: “associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa”. Un reato fantascientifico, persino ridicolo, che tuttavia ha consentito ai magistrati inquisiti della procura di Matera di mettere sotto controllo i nostri telefoni e di spiare, attraverso le intercettazioni, sul telefono del capitano dei carabinieri, cosa facesse de Magistris su di loro. Gli indagati si sono trafromati in indagatori dei loro indagatori. Come, di fatto, è poi accaduto a Catanzaro, ai danni dei magistrati di Salerno. L’esperimento era riuscito a Matera ed è stato perfezionato a Catanzaro.
Di recente sulla prima pagina del Corriere è apparso un suo articolo sul crollo di una palazzina a Bari. La vedremo ancora occuparsi di inchieste “scottanti”?
Non lo so. Non credo. La palazzina crollata, per carità, è un fatto grave. Ma è altro rispetto a ciò di cui stiamo parlando. Qualcosa mi dice che se prima venivo “tenuto a bada” in occasione di inchieste e vicende “scottanti”, adesso lo sarò ancora di più. Se sono percepito come “pericoloso” per Why Not, perché non dovrei esserlo per cose analoghe? Che so, per le tangenti napoletane, abruzzesi, o altre vicende siciliane e calabresi, o romane e milanesi? E infatti, da questa “area tematica” vengo tenuto a distanza. Diciamo che ci si sta applicando per farmi sentire, più che un inviato, un sorvegliato speciale.
Tratto dall'articolo di Elia Banelli su Agoravox:
http://www.agoravox.it/Carlo-Vulpio-piu-che-un-inviato-un.html
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