On.Rosy Bindi |
Caro onorevole Bindi,
da giorni o settimane seguo la sua vicenda in merito alla sua legittima
facoltà di continuare a presiedere all’interno del PD la sua posizione di
presidente di partito e proseguendo nel detenere la sua posizione di dirigente
di partito con ruoli di primo ordine.
Vorrei però ripercorrere alcuni passi della sua lunga carriera politica
per arrivare a decifrare ed esternare un mio pensiero relativo alla situazione
che oggi il PD deve scontare nel confronto con i suoi elettori anche dopo la
riscoperta nel 2007 delle elezioni primarie che li vede artefici della proclamazione
del proprio leader, ma non della propria classe dirigente.
Partirei con il mio pensiero, riconoscendele il merito per alcune scelte
fatte nel passato, sin da quando Lei iniziò il suo percorso di crescita come
non fatto da molti altri dirigenti politici e cioè promuovendosi nella
cosiddetta gavetta politica e muovendo i primi passi all’interno del suo
partito d’allora che fu la DC, già a partire dalla fine degli anni ’80, incasellando
in successione molti tasselli nel suo percorso di lievitazione politica scolpiti
negli anni in schieramenti politici come Partito popolare, la Margherita,
l’Ulivo, per arrivare nel 2008 alla adesione per il PD di Veltroni.
Il PD dalla sua nascita ad oggi ha attraversato un lungo periodo di
traversie, che dalla sconfitta politica del 2008 fino ad oggi è vissuto in un
conflitto interno perenne alla ricerca di una identità politica per il quale ha
cercato in questi ultimi quattro anni di fare alleanze politiche estreme
(ricordiamo Radicali, IDV,SEL etc) indirizzate più alla ricerca del consenso vasto,
piuttosto che alla determinazione di un quadro ben definito di idee e progetti condivisi
da tutto il partito e pensati per il futuro del paese .
Questo stato di passionaria debolezza del PD troppe volte è scaturito agli
occhi di noi osservatori, mostrando il partito diviso di fronte a scelte
politiche importanti, facendosi trainare dagli eventi sull’onda dello stato di
deriva di un paese in crisi economica e guidato da una scellerata maggioranza
politica fino al 2011, successivamente appoggiando un Governo di intransigenti professori
imposto dall’Europa, per arrivare oggi alla resa dei conti di fronte ai propri
elettori che nel Febbraio 2013 dovranno determinarne la rinnovata fiducia.
Purtroppo però la società civile e l’intero corpo degli elettori che
dovranno arrivare al voto nel 2013, vogliono vedere già da ora la svolta nella
volontà concreta del Partito Democratico di dare un volto nuovo al Paese, di
chiudere con il passato, con la vecchia abitudine di questa classe dirigente
italiana di combattere l’avversario pubblicamente e tesserne rapporti stretti ed
intensi nei meandri nascosti dei salotti, di chiedere sacrifici profondi agli
italiani e seguire percorsi ingenerosi di ricerca di risorse per utilizzi ‘non
certificati’, come fatto con i rimborsi elettorali a cui ancor oggi non si vuol
rinunciare completamente, come richiesto dal quel popolo che dovrebbe essere
Sovrano!
Allora sulla base di quanto da me espresso le chiedo di fare un passo
indietro e rinunciare alla sua deroga ad entrare in quel 3% di condonati, il
paese è reo di aver dato fiducia troppo spesso ad una classe dirigente
impettita ed fagocitata dal proprio Ego, ma adesso non vuole più rischiare di
fare un salto nel passato, ha bisogno di segni importanti di cambiamento e
rinnovamento che esternino la volontà di quella parte della classe dirigente
ancora buona per la quale quella dose di intelligenza politica riesce
all’occorrenza ad oltrepassare barriere personalistiche e di privatistico
interesse.
Questo è quello che il paese intero chiede a Lei ed a tutti quelli come
Lei che potrebbero continuare a svolgere ruoli importanti di consultazione nel
Partito Democratico, a questo punto sarebbe questa la vera svolta del partito con
un vero cambio di mentalità, incidendo sul testamento del PD che la storia non la fanno le parole ma le azioni
dei veri uomini politici.
Paolo Praolini